Abbisogna urgentemente di un cuore nuovo, è romeno e a Padova rifiutano l'intervento.Salvato a Udine
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Padova 24 agosto 2012 - Questa è purtroppo una di quelle storie che fanno male all’anima, prima di tutto, e che, poi, gettano un’ombra sinistra sul sistema Italia concepito nel suo complesso: al Policlinico di Padova, uno dei più rinomati ospedali italiani, sarebbe stato rifiutato il trapianto di cuore ad un immigrato rumeno, ricoverato in gravissime condizioni al vicino nosocomio di Venezia- Mestre.
“ Non era poi così grave il rumeno”, si difendono oggi nella città del Santo ma tali dichiarazioni fanno a pugni con la decisione dei cardiochirurghi dell’Ospedale di Santa Maria della Misericordia di Udine che invece, dopo un breve consulto con i colleghi mestrini, hanno deciso senza indugio di intervenire. Forse che ad Udine le emergenze vengono valutate con un metro di giudizio più accomodante?
L’indicibile vicenda ha inizio lo scorso otto Agosto quando su una nave della “ Elbana Navigazione” di Piombino, ormeggiata a Venezia, si sente male un membro dell’equipaggio, regolarmente assunto, di nazionalità rumena. E’ stato colto da un infarto ma all’Unità coronaria dell’Ospedale di Venezia- Mestre gli salvano la vita. [MORE]
Devono però affiancargli, date le sue precarie condizioni di salute, una macchina cuore- polmone che garantisca la circolazione extra- corporea per permettergli di continuare a sopravvivere. Il cuore del cinquantatreenne G.M., infatti, è talmente malandato che potrebbe fermarsi da un momento all’altro. I cardiologi mestrini allora decidono che debba essere sottoposto a trapianto d’urgenza e contattano il Policlinico di Padova, a soli venti chilometri di distanza, il cui centro trapianti è stato il primo in Italia a funzionare. Domenica dodici Agosto un cardio- chirurgo patavino, il dottor Toscano, visita il paziente e, tra lo stupore dei colleghi veneziani, scrive nel rapporto: “ Il paziente deve essere trasportato, barellato, in Romania per poi essere, nella sua nazione, al limite sottoposto a trapianto cardiaco”.
Basiti, i sanitari di Venezia- Mestre chiedono contezza del consiglio al luminare padovano il quale risponde papale papale: “ I cuori italiani devono essere trapiantati, di norma, agli italiani”. I medici del nosocomio veneziano continuando a ritenere, nonostante il parere dell’illustre collega, che in mancanza di trapianto al romeno non rimanesse molto da vivere, telefonano allora all’Ospedale di Udine, dove condivisa la grave diagnosi con i colleghi veneti si decide di intervenire immediatamente il ventuno Agosto, trapiantando al marinaio il cuore di una donna italiana. Ora il marinaio rumeno sta lentamente riprendendosi ma la vicenda, nonostante il lieto fine, lascia l’amaro in bocca: perché se a Padova in cardiochirurgia vengono curati quotidianamente giovani albanesi, africani o sudamericani, ci si chiede, non si è voluto assumere in carico pure un marinaio comunitario dichiarandolo in grado di essere trasportato, con un aereo dell’Aeronautica militare, a casa sua? Forse perché era rumeno e, quindi, considerato solamente come un ingombro da gettare? Perché, infine, ci si domanda inquietatamente l’uomo non è stato giudicato dai cardiochirurghi patavini come in imminente pericolo di vita cosa che invece hanno fatto i friulani? Forse che a Padova, presso il cui centro- trapianti venne “ cambiato” il primo cuore italiano, non sono più capaci di comprendere la gravità di certi casi specialmente quando si tratta di pazienti rumeni? Sono domande a cui la Giunta Regionale del Veneto, guidata dal leghista Luca Zaia, fedelissimo di Maroni, è chiamata immediatamente a rispondere come oggi chiede il Partito Democratico che in Veneto rimane all’opposizione.
Sergio Bagnoli