A #Sanremo non è tempo per i cantautori. E per le canzoni-denuncia
Cultura e Spettacolo Calabria

A #Sanremo non è tempo per i cantautori. E per le canzoni-denuncia

sabato 14 febbraio, 2015

SANREMO, 14 FEBBRAIO 2015 - No, non aspettatevi pagelle. Non troverete voti, giudizi, promossi o bocciati: perchè Sanremo è Sanremo. E il significato a questa frase lo darà il retrogusto musicale che delizia il palato ad ognuno di voi. C'è chi dirà “Sanremo è Sanremo, e perchè non c'è musica buona non lo seguo”, mentre per altri “Sanremo è Sanremo, è la musica italiana”: i giudizi sono tanto personali quanto variabili, il feedback che lascerete di questa edizione sarà totalmente vostra, e nessuno potrà contestarvela.
Ecco. Però un appunto bisogna farlo, limitandosi solo a due evidenti constatazioni.

[MORE]La prima: ma dove sono finiti i grandi cantautori? Se passa per giusto il concetto che Sanremo è lo specchio della musica italiana, bisognerebbe chiedersi se la grande tradizione della musica leggera del Belpaese, dei cantautori che pensavano come fosse bello pensare che laddove finivano le proprie dita incominciasse una chitarra, prendendo in prestito le parole di un totem come Fabrizio De Andrè (che non ha mai partecipato al Festival), è oggi rimandata alle nuove leve della vocalità italiana.

E, stando bene attenti al Sanremo made in Carlo Conti v1.0, non si direbbe. Eppure il conduttore fiorentino nelle sue esperienze precedenti sul grande schermo ha dimostrato di amare il vintage: se l'è cavata con la reunion Albano-Romina. Qualcuno, magari, si sarebbe aspettato altro, ma vabbè: gli ascolti premiano Carlo, e gliene va dato atto, bravo com'è stato ad intercettare le tendenze musicali in voga.

Dopo il flop de La notte delle fate, anno domini 2010, Enrico Ruggeri affermò “la tradizione dei grandi cantautori italiani sul palco dell'Ariston è finita”. E di spazio i cantautori, ormai, ne trovano molto poco. Anche se a volte le loro partecipazioni hanno dato delle soddisfazioni negli ultimi anni: Roberto Vecchioni sorprese e sbancò con la sua Chiamami ancora Amore, la critica ha premiato Samuele Bersani e Cristiano De Andrè

Eventi sporadici, solo eccezioni che confermano la regola: la rotta è ormai cambiata, la musica italiana mira verso altri lidi. Musica pop e rap, musiche commerciali e che vanno tanto fra i giovani. E di nuovi cantautori ad accendere gli animi, in giro non se ne vedono.

Raf in questa edizione ci ha provato ma, forse, sarà d'accordo con Ruggeri: non è tempo per noi. Certo è che, nessuno, questa tradizione ha neppur cercato d'onorarla. Basta guardare i testi. E qui scatta la seconda constatazione: ma perchè tutti gli autori han gli occhi pieni solo dello scintillio dell'amore? Solo versi in love, qualche urlo, strozzato in gola, allo smettere di smettere (riferimento al Masini nuovamente Masini, incazzato), la poesia non banale contro il pregiudizio della coppia Di Michele-Coruzzi. Nient'altro. Amore spesso melenso e sdolcinato, in un Paese in cui anche l'amare è diventato un problema ideologico.
Ed è sparita la denuncia. Ridateci Bertoli e Faletti, solo per citarne due cari a chi vi scrive. Anche questa è musica italiana.

Chi ha l'opportunità di cantare i problemi di un Paese, sensibilizzando le coscienze, non lo fa più.
Politica, economia e sesso sono tabù. Troppo scomodi e rischiosi per una gara aperta ad un pubblico vario. E per giunta, nell'epoca dove tutto assume forme democristiane (per il paraculismo, la voglia di accontentare i più). Meglio citar l'amore, tema universale che arriva a tutto il pubblico.

Due semplici constatazioni. Non giudizi di merito, che nell'arte non sono immuni da un pizzico di soggettività. Perchè Sanremo non è Sanremo se non fa discutere palati fini e differenti. Ergo, tutti abbiam ragione e se non piace, si può pur sempre cambiar canale. Ma la musica è un mondo oltre, c'è molto altro anche aldilà dell'Ariston.
Non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace.

Post Scriptum. La presenza di Giovanni Allevi, giovane pianista riconosciuto a livello globale come enfant prodige, è stato un monito all'amore, amore puro solo se si abbandonano sovrastrutture e pregiudizi.
Chapeau.


Salvatore Remorgida

(ph. it.wikipedia.org)


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