Cronaca
Wikileaks, Manning chiede la grazia a Obama e poi annuncia: «Chiamatemi Chelsea, mi sento una donna»
FORT MEADE (MARYLAND), 22 AGOSTO 2013 - Appena ieri la condanna a 35 di detenzione per spionaggio nella vicenda Wikileaks. Oggi, il soldato Bradley Manning, ritorna alla ribalta informatica per due motivi: la richiesta di grazia inviata al presidente Barack Obama, ma soprattutto l’annuncio ben diverso ed altrettanto curioso di voler diventare presto una donna.[MORE]
Tale decisione viene resa nota attraverso una dichiarazione che lo stesso Manning ha inviato al programma Today della Nbc: «Sono Chelsea Manning. Sono una donna. Considerando come mi sento, - ha scritto Manning – e come mi sono sentita sin dall’infanzia, voglio iniziare al più presto la terapia ormonale. Spero che mi appoggerete in questo passaggio. Chiedo che a partire da oggi mi chiamiate con il mio nome femminile, Chelsea».
Un annuncio che suscita non poche polemiche e che secondo alcuni va inquadrato nella strategia avanzata dalla difesa di voler riconoscere nel soldato Manning una chiara infermità mentale, richiesta peraltro che durante il dibattimento del processo non ha ottenuto esito positivo. Infermità mentale che sarebbe stata provocata dalle forti pressioni psicologiche che il soldato ha dovuto subire a causa del “don’t ask don’t tell”, la politica sull’omosessualità che le forze militari statunitensi attuano e che vieta qualunque azione di coming out.
Tuttavia, come accennato all’inizio, i legali della “talpa” di Wikileaks, pur di salvare dalla condanna il loro assistito, stanno battendo un’altra strada: la richiesta di grazia al presidente Obama. L’avvocato David Coombs, ha difatti comunicato che Manning ha inviato una lettera al presidente americano: «ho violato la legge – ha scritto nella missiva il soldato – per amore del mio Paese e senso di dovere verso gli altri e se respingerà la mia richiesta di grazia, servirò la mia pena sapendo che a volte bisogna pagare un altro prezzo per vivere in una società libera».
Sempre nella lettera, Manning, ha spiegato le ragioni delle sue azioni e delle sue vicende militari durante la missione in Iraq: «leggendo rapporti segreti militari ho cominciato a pormi domande sulla moralità di quello che stavamo facendo. Ogni volta che abbiamo ucciso civili innocenti – ha scritto – invece di accettare la responsabilità per la nostra condotta, abbiamo deciso di nasconderci dietro il velo della sicurezza nazionale e delle informazioni segrete per evitare qualsiasi responsabilità pubblica».
Intanto anche Amnesty International ha deciso di iniziare una raccolta firme per sostenere la richiesta di grazia per il soldato Manning: « Dopo essere stato torturato e abusato nel carcere di Quantico per nove mesi – si legge nella nota dell’associazione – dove è stato tenuto in isolamento contro ogni raccomandazione di medici e dopo aver già trascorso 1.190 giorni in prigione (più di tre anni prima dell’inizio del processo), Bradley dovrebbe essere liberato. Obama mantenga la sua promessa: proteggere gli informatori».
(Immagine da corriere.it)
Giovanni Maria Elia