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Vista da Saturno
PASADENA, California 23 LUGLIO 2013 – Nelle foto che accompagnano questo articolo vedrete la nostra Terra e la Luna fotografate dalla sonda Cassini che dal primo luglio 2004 orbita attorno a Saturno.
Queste immagini rappresentano il nostro pianeta il 19 luglio 2013, circa alle 23:30, ma sono state registrate dalla camera CCD della sonda solo 80 minuti dopo; è questo il tempo che ha impiegato la luce, la nostra luce, quella che proviene dal Sole e ribalza da noi stessi, a percorrere la strada in direzione del pianeta con gli anelli cioè circa 1,5 miliardi di chilometri (per confronto: il raggio terrestre è circa 6,371 chilometri quindi la 4 miliardesima parte di questa distanza, più o meno lo stesso rapporto, in ordine di grandezza, che c’è fra lo spessore di un capello e lo stesso raggio terrestre).[MORE]
La fotografia è raw, grezza, ma riesce lo stesso a mettere i brividi. Per avere quella ripulita dal rumore di fondo e sistemata per bene dovremmo aspettare dei mesi: ma forse, per quel che rapprasenta va bene già così.
Potrei parlare della affascinante storia di Cassini, delle sue peripezie, della sua compagna Huygens, del fatto che sia stato enormemente difficile poter scattare queste foto dato che la luce solare potrebbe compromettere irreparabilmente la sensibilità del CCD (e poi chi va su a ripararla), ma vorrei che vi soffermaste sulla foto e su cosa essa rappresenta.
Voglio condividere con voi un solo pensiero: non è la prima foto del nostro pianeta fatta da così lontano. Nel 1990 il’astronomo e divulgatore Carl Sagan sostenne l’idea di immortalare la Terra tramite la sonda Voyager 1, all’epoco in orbita Nettuno, a circa sei miliardi di chilometri di distanza dalla Terra. Per l’occasione Sagan ribadì questo concetto, che è valido anche in questo caso:
« Da questo distante punto di osservazione, la Terra può non sembrare di particolare interesse. Ma per noi, è diverso. Guardate ancora quel puntino. È qui. È casa. È noi. Su di esso, tutti coloro che amate, tutti coloro che conoscete, tutti coloro di cui avete mai sentito parlare, ogni essere umano che sia mai esistito, hanno vissuto la propria vita. L'insieme delle nostre gioie e dolori, migliaia di religioni, ideologie e dottrine economiche, così sicure di sé, ogni cacciatore e raccoglitore, ogni eroe e codardo, ogni creatore e distruttore di civiltà, ogni re e plebeo, ogni giovane coppia innamorata, ogni madre e padre, figlio speranzoso, inventore ed esploratore, ogni predicatore di moralità, ogni politico corrotto, ogni "superstar", ogni "comandante supremo", ogni santo e peccatore nella storia della nostra specie è vissuto lì, su un minuscolo granello di polvere sospeso in un raggio di sole. La Terra è un piccolissimo palco in una vasta arena cosmica.
Pensate ai fiumi di sangue versati da tutti quei generali e imperatori affinché, nella gloria e nel trionfo, potessero diventare i signori momentanei di una frazione di un puntino. Pensate alle crudeltà senza fine inflitte dagli abitanti di un angolo di questo pixel agli abitanti scarsamente distinguibili di qualche altro angolo, quanto frequenti le incomprensioni, quanto smaniosi di uccidersi a vicenda, quanto fervente il loro odio. Le nostre ostentazioni, la nostra immaginaria autostima, l'illusione che abbiamo una qualche posizione privilegiata nell'Universo, sono messe in discussione da questo punto di luce pallida. Il nostro pianeta è un granellino solitario nel grande, avvolgente buio cosmico. Nella nostra oscurità, in tutta questa vastità, non c'è alcuna indicazione che possa giungere aiuto da qualche altra parte per salvarci da noi stessi.
La Terra è l'unico mondo conosciuto che possa ospitare la vita. Non c'è altro posto, per lo meno nel futuro prossimo, dove la nostra specie possa migrare. Visitare, sì. Colonizzare, non ancora.
Che vi piaccia o meno, per il momento la Terra è dove ci giochiamo le nostre carte. È stato detto che l'astronomia è un'esperienza di umiltà e che forma il carattere. Non c'è forse migliore dimostrazione della follia delle vanità umane che questa distante immagine del nostro minuscolo mondo. Per me, sottolinea la nostra responsabilità di occuparci più gentilmente l'uno dell'altro, e di preservare e proteggere il pallido punto blu, l'unica casa che abbiamo mai conosciuto. »
Carl Sagan, Pale Blue Dot: A Vision of the Human Future in Space, 1997 ristampa, pp. xv–xvi