Viaggio nell'Eternit. La spirale del silenzio e della morte in Italia/3
Cronaca Lombardia

Viaggio nell'Eternit. La spirale del silenzio e della morte in Italia/3

martedì 21 febbraio, 2012

MILANO, 21 Febbraio 2012 - (continua da seconda parte) Eccoci al 1987: arriva il primo colpo all’uso del composto in Italia. Riccardo Coppo, allora sindaco di Casale Monferrato, con una delibera comunale si ribella alla Eternit. Secondo lui non bastava semplicemente chiudere la fabbrica, ma bisognava prendere coscienza della gravità della presenza dell’amianto in città. [MORE]

Il paradosso è che il suo provvedimento venne criticato da più parti e contrastato dal punto di vista legale! Tanto che ci vollero ben sei anni per vedere il frutto del suo coraggio. Perché così tanto? Perché migliaia di lavoratori hanno dovuto pagare con la propria vita la pigrizia di alcune istituzioni che non hanno preso pronti provvedimenti? Le vittime e le loro famiglie meritano delle risposte che, purtroppo, non avranno mai.
Il Parlamento, però, apre improvvisamente gli occhi e delibera la legge 27 marzo 1992, n. 257: l’amianto risulta bandito dal nostro Paese, vengono tutelati i lavoratori, vengono indicate le procedure di rimozione. L’ultimo stabilimento chiuderà a Broni (PV) proprio quell’anno.

Il processo di rimozione nazionale non è per nulla ultimato e siamo solo alle battute iniziali. Sul nostro territorio sono innumerevoli gli edifici ricoperti da eternit, con tutti i rischi annessi. I costi per lo smantellamento sono notevoli e il denaro non abbonda. Ovviamente la salute della popolazione passa sempre in secondo piano.
Se guardiamo all’estero, però, sembra quasi di essere avanti: nell’America del Sud, in Canada e in Russia si produce ancora eternit e addirittura lo si esporta nei paesi del terzo modo! Insomma da una parte o dall’altra le multinazionale del settore devono avere il loro guadagno economico. La produzione non è stata cessata a livello globale! Paesi dell’America del Sud, Canada, Russia e addirittura lo esportano.

Il 6 aprile 2009 inizia a Torino il processo istituito dal p.m. Raffaele Guariniello contro Stephan Schmidheiny (ex presidente del consiglio di amministrazione dell'Eternit AG) e il barone belga Jean Louis De Cartier de Marchienne. Sono ritenuti responsabili delle numerose morti per mesotelioma avvenute tra gli ex-dipendenti delle fabbriche Eternit a contatto con l’asbesto.
Arriviamo a pochi giorni fa: il 13 Febbraio 2012 il tribunale di Torino emette una sentenza storica, condannando in primo grado De Cartier e Schmidheiny a 16 anni di reclusione e obbligandoli al risarcimento di circa 3000 parti civili oltre al pagamento delle spese giudiziarie. De Cartier è inoltre colpevole di disastro ambientale doloso a partire dal 27 giugno 1966, e Schmidheiny dal 18 settembre 1974. E non solo i dipendenti sono stati vittima della consapevole condotta dei manager che, a fronte del successo commerciale del loro prodotto, si sono disinteressati dei danni alla salute creati dalle tecniche di lavorazione dell'amianto, sempre più evidenti nel tempo.

A Casale Monferrato le morti per questa malattia sono state 1.600, senza che gli impianti smettessero di emettere le polveri di lavorazione dagli aeratori degli stabilimenti, diffondendole in tutta la cittadina. Quello appena concluso è stato il più grande processo penale nel mondo per le morti d'amianto. Le parti civili del processo, più di seimila tra malati, parenti delle vittime, sindacati, istituzioni locali e associazioni, hanno ottenuto anche un risarcimento finanziario (25 milioni di euro al Comune di Casale, 4 a Cavagnolo, 5 alla Provincia, 20 alla Regione Piemonte, 15 all'Inail, migliaia di euro a singole vittime).

In questa occasione pochi hanno avuto il cinismo di proporre questo argomento, certamente inaccettabile per l'opinione pubblica a fronte di migliaia di morti. Ogni giorno milioni di lavoratori sono sottoposti a rischi non adeguatamente limitati dalla "innata" propensione al risparmio del management delle aziende, sulla pelle dei dipendenti e a volte persino dei cittadini "terzi". Eppure la Costituzione del nostro Paese prevede che «l'iniziativa economica privata è libera, ma non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana». Il tema della responsabilità sociale delle imprese, pubbliche e private, è ai nostri giorni oggetto di convegni e declamazioni da parte dei grandi manager (non solo in Italia), ma poi all'atto pratico rifiutata in nome di una competitività al ribasso (almeno per i lavoratori) da inseguire ad ogni costo.

Stefano Villa

(foto da http://www.mdr-srl.it/img/eternit.jpg)


Autore
https://www.infooggi.it - Il Diritto Di Sapere

Entra nel nostro Canale Telegram!

Ricevi tutte le notizie in tempo reale direttamente sul tuo smartphone!

Esplora la categoria
Cronaca.