Chiesa e Società
Vescovo Mons. Francesco Savino “Una vita feconda di opere buone”
Nella pagina del Vangelo di questa Domenica, Gesù parla ai suoi discepoli dell’atteggiamento da assumere in vista dell’incontro finale con Lui, e spiega come l’attesa di questo incontro deve spingere ad una vita feconda di opere buone. Gesù dice: “vendete ciò che possedete e datele in elemosina: fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore”.
Gesù invita a dare senso, come opera di Misericordia all’elemosina, a non avere fiducia nei beni effimeri, a usare le cose senza egoismo, ma nella logica di Dio, che è la logica della condivisione, dell’amore e della attenzione agli altri. Ci ricorda papa Francesco che “il sudario non ha tasche”. L’insegnamento di Gesù continua con tre brevi ma significative parabole sul tema della vigilanza. La spiritualità dell’amico-discepolo di Gesù non può che essere la spiritualità della vigilanza tra “il già e il non ancora” in questa vita: essere attenti e responsabili! La prima parabola è quella dei servi che aspettano nella notte il ritorno del padrone.
“Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli”: è la beatitudine che consiste nel tenersi pronti, in un atteggiamento di servizio, nell’attesa con fede del Signore. E, veramente, sarà beato chi, facendosi trovare pronto, sarà destinatario del servizio del “padrone”.
“Con questa parabola, ambientata di notte, Gesù prospetta la vita come una veglia di attesa operosa, che prelude al giorno luminoso dell’eternità. Per potervi accedere bisogna essere pronti, svegli e impegnati al servizio degli altri, nella consolante prospettiva che, “di là”, non saremo più noi a servire Dio, ma Lui stesso ci accoglierà alla sua mensa. A pensarci bene, questo accade già ogni volta che incontriamo il Signore nella preghiera, oppure nel servire i poveri, e soprattutto nell’Eucaristia, dove Egli prepara un banchetto per nutrirci della sua Parola e del suo Corpo” (papa Francesco, Angelus, 7 agosto 2016).
La seconda parabola ha come contenuto “la venuta imprevedibile del ladro”. “Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’Uomo”. Il discepolo è colui che attende, nella ferialità e nella festività della vita il Signore e il suo Regno. La terza e ultima parabola chiarisce ancora di più questa prospettiva: l’amministratore di una casa dopo la partenza del padrone.
“Nel primo quadro, l’amministratore esegue fedelmente i suoi compiti e riceve la ricompensa. Nel secondo quadro, l’amministratore abusa della sua autorità e percuote i servi, per cui, al ritorno improvviso del padrone, verrà punito. Questa scena descrive una situazione frequente anche ai nostri giorni: tante ingiustizie, violenze e cattiverie quotidiane nascono dall’idea di comportarci come padroni della vita degli altri. Abbiamo un solo padrone a cui non piace farsi chiamarsi “padrone” ma “Padre”. Noi tutti siamo servi, peccatori e figli: Lui è l’unico Padre” (cfr. papa Francesco). Tra le prime due parabole e la terza c’è una domanda di Pietro, la cui risposta di Gesù ha conseguenze importanti per quanti nella comunità hanno responsabilità di guida, responsabilità “pastorali”.
“Signore, questa parabola la dici per noi o per tutti?”: se tutti sono chiamati a vigilare, è però vero che il Signore, il “Pastore dei pastori” (1P 5, 4) ha affidato ad alcuni il compito di essere amministratori fedeli e sapienti. Allora i pastori della chiesa, nell’oggi della storia, devono sapere di essere chiamati a svolgere il loro ministero quali “servi di Cristo”. (1Cor 4, 1), colui che proclama beati quei servi che, alla sua venuta, saranno trovati intenti al loro servizio. Il vangelo di questa Domenica inizia con un invito, che è di grande consolazione, di Gesù ai suoi discepoli: “non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno”.
La chiesa, piccolo gregge, non deve temere nulla dall’esterno: l’unica minaccia seria può venirgli dalla sua incapacità di amare il Signore Gesù e di tenersi pronto alla Sua venuta nella Gloria.
E’ l’attesa vigilante che dà senso alla nostra vita e ispira il nostro comportamento quotidiano. Gesù, ci ricorda oggi, che l’attesa della beatitudine eterna, non ci dispensa dall’impegno di rendere più giusto e più abitabile il mondo. Abitare e vivere le realtà penultime nell’attesa del compimento finale, la realtà ultima della vita eterna.
San Basilio, aveva capito molto bene il senso della vita cristiana, quando scriveva: “che cosa è proprio del cristiano? Vigilare costantemente ed essere sempre pronto a compiere ciò che è gradito a Dio, sapendo che nell’ora che non pensiamo il Signore viene”.
Buona Domenica.