Di tutto un po'
Venti Luglio 1969. Man on the Moon!
“That's one small step for a man, one giant leap for mankind!”. Un piccolo passo per l’uomo, un grande balzo per l’umanità. Queste sono le parole che Neil Armstrong pronunciò il 20 luglio 1969 al suo arrivo sul satellite terrestre. La missione Apollo 11 toccò il suolo lunare alle 22.17 ora italiana. Negli studi della RAI, Tito Stagno diede la notizia in diretta con il suo grido “hanno toccato!”.[MORE]
Gli Americani furono i primi a mettere piede sulla Luna, in quella guerra non solo psicologica e fredda che li aveva contrapposti all’allora Unione Sovietica. I russi mandavano il primo essere umano in orbita, la cagnetta Laika? Gli americani si davano da fare per rincorrerla con il guinzaglio. In questa contrapposizione si vide una continua escalation in termini di progresso tecnologico e la corsa sfrenata alla conquista non solo della Terra, ma anche dell’universo. Erano gli anni del post Kennedy, primo promotore del programma Apollo. Erano gli anni della guerra in Vietnam con Johnson alla Casa Bianca e Breznev al Cremlino.
Negli anni a seguire, molti hanno espresso dubbi sull’effettivo allunaggio. Migliaia di libri e programmi televisivi che dimostravano quanto fosse artefatta la superficie lunare. Alcuni dimostrarono che la NASA avesse fatto alcune fotografie nel deserto di Atacama in Cile, per molti aspetti simile al suolo lunare.
Al di là della dietrologia, l’uomo sulla Luna segnò la realizzazione di un sogno dell’essere umano. Jules Verne, nel suo “Dalla Terra alla Luna” ci mise molta fantasia, ma la realtà non se ne discostava molto.
In 42 anni sono cambiati tanti aspetti. Il blocco sovietico non esiste più e la stessa amministrazione americana ha ben altro a cui pensare e la Luna sarebbe l’ultimo dei suoi pensieri.
L’America di fine Anni 60 aveva ancora nelle orecchie i colpi di fucile che uccisero Kennedy a Dallas nel novembre del 1963. Lo stesso presidente che si era lanciato in quella sciagura che fu la guerra del Vietnam che segnerà la vita a migliaia di giovani. Lo descriverà molto bene Stanley Kubrick nel suo “Full Metal Jackets”.
Era l’America che aveva ancora la segregazione razziale in alcuni Stati dell’unione e era comunque dipinta come la patria della democrazia. Era l’America dei grandi conflitti sociali.
Lo sbarco sulla Luna fu, a detta di molti, un viatico per non parlare di questi problemi terreni e terrestri. Una via di fuga dalla realtà che indubbiamente funzionò.
Pensare ora di continuare con quella sete di avventure nella galassia sarebbe quanto meno anacronistico. Una ragione tra tante è che il blocco sovietico non stimola più la corsa agli armamenti e la crisi economica frena anche qualsiasi desiderio.
All’epoca fu vissuta come l’apoteosi della tecnologia. È anche giusto che fosse così. Il sogno americano è ormai alle spalle.
Giovanni Dimita