Cronaca
Vanessa, 20 anni. Causa di morte: femminicidio
ENNA, 27 APRILE 2012 – Giovanni Scialfa si era appellato persino a facebook per ritrovare Vanessa, la figlia ventenne scomparsa da qualche giorno.
Agli inquirenti, però, è bastato interrogare per dodici ore Francesco Lo Presti, il 34enne fidanzato di Vanessa, per scoprire l'atroce verità.
Avrebbero litigato, forse per gelosia. Capita, d'altronde. Quello che non deve capitare è quello che è successo dopo. Lo Presti, infatti, ha confessato di aver prima strangolato Vanessa, e poi di averne gettato il corpo – avvolto in un lenzuolo – dal cavalcavia della statale 117 bis.
In Italia, però, succede sempre più spesso. In media una volta ogni due giorni.
Secondo i dati raccolti dalla Casa delle Donne di Bologna, dal 2005 al 2011 è già successo 776 volte, con una media di oltre 120 femminicidi l'anno. In questi ultimi quattro mesi – come riporta il blog Bollettino di guerra – siamo già a quota 54.
Dietro ai freddi numeri, però, ci sono le storie. Ognuna di quelle storie è una storia di violenza. Violenza di genere si chiama. Per essere ancora più precisi, dietro ognuna di queste 776 volte c'è una storia di mariti, fidanzati, compagni o ex.[MORE]
776 femminicidi non si possono più chiamare “casi singoli”, ma costituiscono un problema sociale. E culturale, naturalmente.
Perché il femminicidio è, in effetti, un “omicidio culturale”, derivante da quell'epoca in cui alle donne veniva destinato dalla società l'unico compito di soddisfare l'uomo, sfornando cibo o figli, indistintamente. È, più o meno, quello che una troppo ampia parte del genere maschile vorrebbe riprendere dalle “vecchie consuetudini” di quel passato troppo spesso decantato – senza approfondita conoscenza – anche da quegli opinion-leader che, nel miserrimo livello culturale in cui il nostro paese è sprofondato ormai da anni, vengono innalzati al ruolo di “intellettuali” da quegli organi di informazione per cui è “notizia” l'ultimo tatuaggio dell'ultimo, spesso sgrammaticato, personaggio uscito da voyeuristiche case o da isole troppo popolate per essere definite “deserte”. Quegli organi di informazione per cui, per ogni femminicidio, sotto sotto c'è sempre quel «se vai in giro vestita così, sotto sotto te la sei cercata».
Il padre di Vanessa ha chiesto di potersi fare giustizia da solo. Basterebbe, però, iniziare a definire il femminicidio come un vero e proprio reato. In Argentina – paese al quale, data la situazione, dovremmo guardare con più attenzione – ci sono riusciti, approvando all'unanimità con una discussione durata, alla Camera dei Deputati, poco più di due ore. Da noi, dopo l'opinionista e dopo l'esperto, a malapena se ne aprirà un dibattito. Che la casa e l'isola fanno più audience.
Voglio chiudere, di nuovo, con una citazione, come feci lo scorso dicembre, quando a Catania veniva uccisa Stefania Noce, 24 anni.
A scrivere le parole che seguono, una donna che troppo spesso è stata considerata “più maschio dei maschi” - come se “maschile” e “femminile” fossero categorie di qualità e non di genere – e che, al di là che la si critichi o se ne condivida il pensiero, questo paese forse non ha mai capito fino in fondo.
«Vorrei che tu fossi una donna. Vorrei che tu provassi un giorno ciò che provo io: non sono affatto d'accordo con la mia mamma la quale pensa che nascere donna sia una disgrazia. La mia mamma, quando è molto infelice, sospira: «Ah, se fossi nata uomo!». Lo so: il nostro è un mondo fabbricato dagli uomini per gli uomini, la loro dittatura è cos' antica che si estende perfino al linguaggio. Si dice uomo per dire uomo e donna, si dice bambino per dire bambino e bambina, si dice figlio per dire figlio e figlia, si dice omicidio per indicar l'assassinio di un uomo e di una donna. Nelle leggende che i maschi hanno inventato per spiegare la vita, la prima creatura non è una donna: è un uomo chiamato Adamo, Eva arriva dopo, per divertirlo e combinare guai. Nei dipinti che adornano le loro chiese, Dio è un vecchio con la barba bianca mai una vecchia coi capelli bianchi. E tutti i loro eroi sono maschi: da quel Prometeo che scoprì il fuoco a quell'Icaro che tentò di volare, su fino a quel Gesù che dichiarano figlio del Padre e dello Spirito Santo: quasi che la donna da cui fu partorito fosse un'incubatrice o una balia.»
[Oriana Fallaci, “Lettera ad un bambino mai nato”])
(foto: www3.lastampa.it)
Andrea Intonti