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USA: schiaffo morale a Trump sull'aborto
WASHINGTON, 26 APRILE - Sulla linea restrittiva, decisa da Donald Trump sulle normative inerenti la pratica dell'aborto, arriva lo schiaffo morale di una sentenza federale. Un giudice dello stato di Washington ha bloccato temporaneamente il decreto con cui il presidente americano intende tagliare i fondi alle cliniche che praticano l'interruzione della gravidanza o forniscono informazioni su come accedervi. Negli Stati Uniti il dibattito etico sull'aborto è molto acceso e ha più volte richiesto l'intervento dei tribunali.
Negli stati del Nord, già dagli anni '60 era liberamente praticato anche se illegale. Solo nel 1973 la Corte Suprema concesse la libertà di abortire ad una donna, allora era conosciuta con il nome di Jane Roe, la sentenza arrivò a parto avvenuto e fu inutile. A venti anni di distanza, nei primi degli '80, si avevano già due schieramenti nettamente divisi: i "pro-life", operanti sotto l'egida di Randall Terry e la sua "Operatione Rescue", rappresentanti l'estrema destra e il Christian Coalition e i "pro-choice", rispondenti alla "Plannet Parenthood"Federation Of America di Jane Johnson, rappresentanti le femministe democratiche. I pro-life da quando fu approvato l'aborto annualmente compiono la Marcia per la vita a Washington, a cui, nel 1974, parteciparono 20.000 persone.
La marcia per la vita, rappresenta la più grande manifestazione pro-life dell’anno negli Usa e nel mondo, che si ripete a ogni anniversario della sentenza del 1973 Roe vs Wade con la quale la Corte suprema legalizzò l’interruzione di gravidanza.
Nonostante la Camera dei deputati americana a maggioranza democratica difficilmente possa approvare limitazioni all’aborto a livello federale nel corso del suo mandato, e malgrado sia quindi improbabile che il Congresso modifichi la legislazione nazionale in materia nei prossimi due anni, l’Amministrazione Trump continua a compiere passi in direzione anti-aborto facendo ricorso al suo potere di regolamentazione. È prevista a breve, ad esempio, una misura che taglierebbe una parte significativa dei finanziamenti federali a Planned Parenthood, la rete che gestisce la principale catena di consultori e di cliniche abortiste nel Paese. Ma le speranze degli attivisti per la vita e degli americani che li sostengono sono concentrate soprattutto sui tribunali, in particolare la Corte Suprema. Dopo la conferma del giudice Brett Kavanaugh in ottobre, la maggioranza del massimo tribunale costituzionale Usa è composta da magistrati non del tutto contrari a rovesciare la sentenza Roe, o perlomeno a imporre maggiori restrizioni sull’aborto. Nel 2017, lo stesso Kavanaugh, come giudice di Corte d’appello federale ha votato a favore del rinvio dell’aborto per un’adolescente incinta immigrata che si trovava sotto custodia federale.
La sentenza del 1973 lascia infatti agli Stati un libero arbitrio nella sua applicazione con l’avallo dei tribunali e il sostegno della maggioranza degli americani, impone varie restrizioni alla procedura. Alcune di queste leggi proteggono il feto dall’aborto nelle ultime fasi della gravidanza, altre hanno a che fare con i requisiti relativi alle informazioni che una madre deve ricevere su suo figlio, sulla procedura di aborto, i suoi rischi e le alternative prima di subirlo, alcune misure richiedono il coinvolgimento dei genitori se una minore chiede l’aborto, altre proibiscono che il denaro dei contribuenti finanzi l’interruzione di gravidanza e si impongono determinate qualifiche mediche a coloro che eseguono la procedura.
Uno degli effetti di questo attivismo legislativo a livello statale sta provocando il calo del numero di cliniche per gli aborti in tutto il Paese. In USA la lotta pro/contro l'aborto si è scatenata come una vera e propria crociata, sfociando spesso in atti di violenza, che hanno la loro massima espressione nelle sparatorie verso le cliniche abortiste.
Si attende la contromossa di Trump.
Laura Fantini
fonte immagine ilprimatonazionale.it