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Uno smartphone e parli di città. Scatti digitali di Fabrizio Vespa a Reggio Emilia True
Se non spegni mai il telefonino e “whatsappi” con i tuoi amici mentre cammini con loro per strada, allora sei proprio uno smartphone addicted. E se a New York i “Seeing Eye Person” ti evitano di andare a sbattere tenendoti attaccato con una cordicella alla loro pettorina arancione, a Reggio Emilia ti guida direttamente il tuo smartphone.
All’edizione del “Festival di Fotografia Europea Circuito Off” è presente infatti una new entry, la personale dell’artista poliedrico Fabrizio Vespa, Torino True, una mostra-non mostra nata in occasione dei 150 anni dall’Unità d’Italia. Si tratta di una raccolta fotografica pubblicata in un catalogo e realizzata in video in 220 scatti montati e arrangiati da Muria Tiberi.[MORE] Tutti i luoghi possono essere true, attraverso un viaggio virtuale con anima reale che tocca a tappe alcune delle principali città italiane. E per il mese di Maggio tocca proprio a Reggio Emilia, che inaugura una mostra nella mostra, da un’idea intuitiva della curatrice milanese Francesca Borghi, la quale ha pensato appunto di offrire ai fruitori del Festival un video che parli degli scatti sulle città, con le foto di Torino True di Vespa e le altre che si scatteranno durante i giorni dell’inaugurazione.
Le cornici digitali mostreranno le foto di Reggio Emilia True, e ancora quelle degli smartphone addicted o di chi vorrà semplicemente cimentarsi negli scatti.
Intanto incontriamo Fabrizio Vespa, giornalista, scrittore, blogger, e voce su Radio 2.
Come approda al “Festival della Fotografia Europea” di Reggio Emilia?
Tutto è accaduto tramite la mia curatrice, Francesca Borghi, da sempre assidua frequentatrice del festival.
Molti già lo sperimentano nel Cinema e da anni, in aree metropolitane degli Stati Uniti, esistono Tv che commissionano servizi realizzati con i cellulari. Come vede lo strumento digitale per gli scatti fotografici?
Il discorso è più ampio e va inserito nel nuovo bacino della creatività mobile ovvero nella possibilità di sviluppare nuovi linguaggi artistici grazie agli smartphone o a qualunque altro supporto tecnologico che possiamo portare quotidianamente con noi. È una rivoluzione perfettamente aderente alla natura dei social network e della logica 2.0 in cui le coordinate di spazio e tempo non esistono più perché tutto accade in real time e con un semplice tocco. Un gesto – se pensate – ancora più veloce del click di una macchina fotografica.
Che significato ha uno scatto con uno smartphone rispetto a una macchina fotografica professionale o ancora analogica?
Vorrei mettere insieme due citazioni. Cartier Bresson diceva che la macchina fotografica è un’illusione perché si fotografa col cuore prima di tutto. Ray Bradbury invece ha prefigurato un mondo nel quale attraverso la realtà aumentata riusciremo a indossare la realtà: potremmo scegliere una serie di “skins” (pelli, n.d.a) con cui ricoprire ciò che guardiamo. Questo per dire che la forza di uno smartphone sta proprio nelle sue possibilità intrinseche che superano quelle di una macchina fotografica. Perché dopo la sua morte si è creato una specie di processo di canonizzazione di Steve Jobs? Perché le persone riconoscono ai prodotti inventati dal suo brand il fatto di non essere semplici oggetti, ma essendo in contatto con i loro pensieri e le loro parole, gli riconoscono un alto valore spirituale. Un elemento che a una macchina fotografica si può ricongiungere molto più indirettamente.
Già YouReporter ha reso indipendenti le immagini e la fruizione delle stesse sul web, qual è la formula per rendere vincente una galleria di immagini sul proprio telefonino?
Non c’è una formula univoca ma sicuramente un’esigenza diffusa che è quella di creare una narrazione. La storia o le storie racchiuse in una sola immagine piuttosto che in un’intera serie rimangono un punto di fascinazione intramontabile, continuando a segnare uno spartiacque profondo con la semplice cronaca. Così come la ricerca di uno sguardo alternativo e di un linguaggio originale.
Cosa narra uno ‘scattatore casuale’?
Lo scattatore casuale, quando fa del caso un’arte all’ennesima potenza, è capace di restituire a chi guarda il calore del suo respiro, la concitazione disordinata e senza filtro dei suoi pensieri e la polvere dei suoi passi.
Scattare è possedere? Lo scopo è di permettere alla società di cogliere l’essenza di un soggetto, di un luogo, attraverso lo scatto o per conoscere davvero una città è necessario farla raccontare a chi la osserva? Parla la foto o chi la scatta?
Bisogna accettare l’origine magica e archetipa del gesto artistico il che vuol dire anche mettersi in contatto con la nostra parte inconscia più profonda quella che non è preparata, non è istruita e non ha diaframma. Lo sguardo è possesso fisiologico. Ecco perché facendo tabula rasa è possibile inventare nuovi sguardi. Torino TRue ed Emilia TRue vogliono fare un tentativo: far sì che la realtà si racconti in modo che noi e i nostri supporti tecnologici possiamo fungerne da tramite. Un po’ come degli sciamani digitali.
Una mostra dal formato multimediale nella sua totalità: le foto fra le foto, tra le immagini e con le foto, il visitatore che diventa soggetto delle foto e del video. Ma si tratta di un sincretismo delle forme (immagini/estetica/linguaggio multimediale/comunicazione) oppure è una mera sperimentazione, un esercizio ludico?
Credo che sia solo un pezzo della strada che il futuro ci sta disegnando. Il web e il mondo digitale non sono degli strumenti ma rappresentano il nostro nuovo contesto esistenziale, per usare un’espressione coniata e riconosciuta persino all’ultima Conferenza dei Vescovi. Ormai queste piattaforme non sono più semplici protesi del nostro essere ma piuttosto il nostro modo di fare esperienza tout court.
Un’esperienza nuova dunque, ma allo stesso tempo più che naturale, poiché stare in “modalità true” è un modo d’essere, di sentire, di sentirsi true, reali, concreti, ci si mette a nudo facendo scoprire ciò che a noi piace, mostrando ciò che noi abbiamo visto o vogliamo vedere, pubblicare, condividere. Che tutto sia finzione è reale, è una visione artefatta che mostra luoghi e città viste da noi e mostrate agli altri, ciò che è concreto per ora è che Vespa ha da poco pubblicato il libro “Mal di Torino”, che completa la trilogia sulla città, iniziata con la guida “Altra Torino” e il photo book “Torino True”.