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NEW YORK, 30 GENNAIO 2015 - Come di consueto, anche quest'anno l'Unicef, organizzazione internazione che tutela i diritti dell'infanzia, pubblica il Rapporto sull'intervento umanitario 2015 (Humanitarian Action for Children). Il Rapporto vuole essere un appello per raccogliere cifre importanti, da destinare all'infanzia meno fortunata delle più disparate zone del mondo.
Il grido d'aiuto è assordante, anche i freddi numeri esprimono la tristezza di un cancro mai risolto, nell'epoca della globalizzazione: mentre i loro coetanei stanno al riparo nel caldo delle loro case, ben 230 milioni di bambini (230.000.000!) vivono precariamente in aree colpite da conflitti o carestie. Numeri giganteschi. Un bambino su dieci. E 62 milioni di questi vivono crisi umanitarie che li mettono a rischio del loro bene più caro, forse l'unico, la vita. Alla quale si aggrappano con forza, apprezzandone il valore vero.
[MORE]Mentre il mondo dei ricchi spreca 1/3 del cibo prodotto, 2.7 milioni di bambini soffrono una malnutrizione acuta grave.
13.6 milioni di neonati hanno disperato bisogno di vaccini: non si può morire, nel 2015, di morbillo.
34.3 milioni di persone non hanno accesso all'acqua potabile: siamo riusciti nell'impresa di andare sulla Luna, ma non di portare il bene per eccellenza, l'acqua, in tutte le case del mondo. Ammesso che quelle stesse persone una casa ce l'abbiano, senza che sia distrutta dalle bombe, sganciate nel nome del potere.
Altri 5 milioni di infanti non avranno mai la possibilità di studiare: in zone di guerra o di calamità naturali, non è garantita l'istruzione minima. Non avranno mai, perciò, l'arma del riscatto: la cultura.
Per far fronte a questo dramma, l'Unicef rivolge a tutti noi una sfida: il più grande appello nella sua storia. Servono, subito, 3.1 miliardi di dollari per accendere una speranza e renderla realtà.
L'intervento dello Humanitarian Action for Children 2015 si allarga a 71 Paesi, perlopiù nel Sud del mondo, da sempre sfruttato e bistrattato dal Nord ricco ed egoista, per poi essere abbandonato a sé stesso, alla fame ed alla sofferenza.
Servono 903 milioni solo per le crisi del Medio Oriente, teatro di guerra fra i più cruenti del mondo: gli sguardi sofferenti dei bambini afghani non possono soccombere sotto i colpi di un sempre ingiustificabile scontro di civiltà. Solo in Iraq sono 2,2 milioni gli sfollati. Le ostilità fra Israele e Palestina hanno ridotto la Striscia di Gaza ad un cumulo di macerie: più di 50000 bambini non hanno una casa e 539 sono stati strappati alla vita.
In Africa, dove molto spesso anche l'acqua è un'utopia, figuriamoci un livello minimo di igiene. In quest'ambiente si è diffuso l'emergenza numero uno del 2015: l'Ebola. Troppo spesso preoccupati a bloccare i migranti per paura di un contagio, i Paesi Occidentali hanno quasi dimenticato di risolvere l'emergenza laddove i ceppi del virus si sono sviluppati: 18.7 milioni di persone sono state colpite dall'Ebola fino ad oggi. E più della metà sono bambini. Servono 500 milioni di dollari per isolare e prevenire eventuali nuovi focolai. L'impegno dell'Unicef e di tutte le organizzazioni sanitarie come Emergency, è ambizioso: azzerare i contagi entro il 2015.
L'instabilità dei regimi politici africani, legati ad una scarsa alfabetizzazione dei giovani ragazzi africani, voluta spesso dai regimi stessi, sta provocando guerre civili fraticide: Boko Haram, con i suoi atroci attacchi, ha causato 1.5 milioni di sfollati, uccidendo, solo nel primo mese del 2015, 2000 nigeriani. E sono 22000 quei bambini a cui è stata strappata la gioia dell'infanzia, sostituita dalla violenza delle armi: i bambini-soldato, fra Repubblica Centraficana e Sud Sudan, sono un crimine contro l'umanità e la dignità.
Mancano i beni di prima necessità: per i bisogni umanitari fondamentali, l'Unicef chiede 26.5 milioni di dollari.
Ma la sofferenza è molto più vicina a noi di quanto si possa pensare. L'Europa dell' Est è una polveriera che ormai non è più in quiescenza: un anno di conflitti in Ucraina ha coinvolto 1.5 milioni di bambini. Ormai gli sfollati superano quota 500000 e in 5.2 milioni non dormono più tranquilli, svegliandosi ai boati delle bombe, sganciate a pochi metri dai loro letti. Per far fronte alla devastazione, soprattutto in Crimea, servono 32 milioni.
Numeri che palesano un dramma.
La somma è importante, ma necessaria. Ed, evidentemente, non necessita neppure di sforzi eccessivi se si considera che nel mondo le spese militari crescono ininterrottamente. Basti pensare ai 640 miliardi di dollari spesi dagli Stati Uniti in armamenti, e che il mondo ne spende, in totale, 1260 miliardi di dollari.
1260 miliardi di dollari per farsi la guerra e per spegnere un sorriso. Possibile che il mondo non riesca a trovarne appena 3 per ridare una speranza?
Ogni bambino ha diritto ad un sorriso.
Salvatore Remorgida