Una nuova inclinazione allo humor: intervista agli Splatterpink
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VITERBO, 5 DICEMBRE 2014 - Dopo una pausa durata oltre un decennio e la reunion a Febbraio dello scorso anno, gli Splatterpink tornano finalmente con il loro quarto album: Mongoflashmob, pubblicato il Primo Dicembre dalla Locomotiv Records.
Diego D'Agata (bassista e cantante) ha risposto alle nostre domande su Mongoflashmob e sugli Splatterpink.
Buona lettura!
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Per chi non vi conoscesse, chi sono gli Splatterpink?
Diego D'Agata, o se preferisci D'Anatra, Alessandro Meroli, Federico Bernardi e Ivano Zanotti. Colleghi e amici di lunga data. Per dare meglio un'idea, io e Fede giocavamo al piccolo chimico e andavamo insieme ai matinée di Godzilla, sfracellavamo le macchinine in cortile e ci accanivamo contro i formicai (quest'ultima era cosa assai crudele, ne convengo, ma s'era bambini. [di sicuro oggi non permetterei mai a mia figlia di fare altrettanto]).
Dal 2001 al 2013 gli SP sono stati inattivi, avete curato progetti paralleli?
Alessandro è stato per un lungo periodo personal manager e musicista di Neffa, ha suonato e suona tuttora in diversi ensemble jazz, fra cui gli Afronauti, Ivano è un turnista (attualmente è il batterista di -sic- Loredana Bertè [il che potrebbe essere propedeutico per una futura collaboraz- no dai scherzo] e Maurizio Solieri) e i gruppi in o la gente con cui suona o ha suonato non si riescono neppure a contare, Federico si è messo a strimpellare il sitar e a collaborare con dj's o altri artisti ameni ed io da oltre dieci anni suono con i Testadeporcu e conto di suonarci fino a che non sarò costretto a portare un pannolone o a farmi montare una di quelle poltroncine elettriche per salire le scale di casa.
Com'è cambiato l'approccio al progetto rispetto ai tre album precedenti? Parlateci un po' di Mongoflashmob
Ci siamo ritrovati dopo oltre dieci anni e inevitabilmente le cose erano molto cambiate; in tutto questo tempo, grazie anche al fatto di aver continuato a suonare, anche tecnicamente ci siamo ritrovati parecchio cresciuti, l'approccio alla composizione e alla disciplina ad essa correlata si è fatto più maturo, le idee e le suggestioni personali diverse, le tematiche circostanti inedite; insomma ci siamo ritrovati a suonare e comporre cose che giocoforza prima forse non saremmo mai riusciti a fare; tecnicamente parlando penso che l'esempio migliore sia dato da Uwe Boll, non sarei mai riuscito a suonarlo né, di conseguenza, a comporlo. Mongoflashmob a mio parere è un'estremizzazione di due lati che negli Splatterpink sono sempre esistiti: quello sperimentale e -checché se ne dica- quello "pop". Nel senso che se nei primi tre dischi c'era meno accentuazione del rispettivo gradiente di questi due elementi e il tutto risultava più amalgamato in un'unica soluzione oggi forse c'è una caratterizzazione più definita, netta ed ulteriore fra i singoli brani. Ad esempio, nei dischi precedenti non avresti potuto trovare un pezzo né come Autocit. nè come Dolan Aproevd ma più un'amalgama fra queste due tendenze, il che inevitabilmente sottraeva varietà al risultato finale e si presentava come un prodotto omogeneo, direi "granitico". Mongoflashmob fondamentalmente se ne sbatte ancora di più il cazzo di cercare una linea comune fra le canzoni in esso contenute, del resto se pensi che alcune linee di basso o addirittura degli interi brani sono costituiti da roba che avevo inciso su delle cassettine negli anni '80 (e che, almeno nella mia testa, avrebbero dovuto suonare come pezzi "new wave") direi che il quadro compositivo a riguardo risulti abbastanza chiaro.
Come nasce Dolan Aproevd?
Come dicono alcuni miei amici "L'internet è un posto meraviglioso", ed infatti a me piace starci parecchio; puoi trovarci cose eccezionali, come per l'appunto le strip di Uncel Dolan (per chi non sa di cosa stia parlando: Google è vostro amico), tanto meravigliose che ho deciso di dedicargli un pezzo.
Da ciò, grazie anche al lavoro pazzesco di mia moglie e mia suocera -sic- nella realizzazione delle maschere, dei genitali e dei costumi e all'immensa botta di culo di aver trovato Gianmarco Gaviani, un regista con due palle così, è saltato fuori anche il videoclip. Unico rammarico: non poterlo far vedere a mia figlia, che ha dieci anni.
Non avete peli sulla lingua, siete diretti e ruvidi sia musicalmente che nei testi. La rabbia e le ingiustizie potrebbero considerarsi vostri ingredienti fondamentali?
Mah, a partire dal nome le tematiche principali di questo lavoro sono complottismi, meme demenziali di internet, storielle surreali buone giusto per essere pubblicate su facebook, trollate varie etc, insomma un vasto corollario di cazzate; ingenuamente pensavo che chi ascoltasse Mongoflashmob e fosse già a conoscenza dei nostri precedenti lavori a questo giro avrebbe percepito più questa nuova inclinazione allo humour e alla presa per il culo che non rabbia. Di rabbia ce n'era a vagoni nei primi tre dischi, è vero, ma qui c'è più una sorta di gioioso non-sense. Ebbene mi sbagliavo. Fin dalle prime recensioni mi è parso di capire che l'elemento principale percepito dal pubblico nei nostri confronti sia ancora 'sta benedetta rabbia. Non so se sia il risultato di una sorta di riflesso pavloviano nei nostri confronti, quello cioè di dovere comunque e a qualsiasi costo attribuire rabbia, sofferenza e disagio esistenziale a tutto ciò che è targato Splatterpink. Non era questa comunque la direzione iniziale (e finale) di questo lavoro, questo perché, oltre alla tecnica, fra le cose che sono cambiate, almeno personalmente, c'è anche una certa serenità ritrovata, ci sono una moglie e una figlia stupende, una casa immersa nella quiete degli Appennini più devitalizzati, la saggezza che talvolta sopraggiunge grazie a quasi 50 inverni sul groppone. Insomma, non dico che il mondo sia migliore, quello per molti versi rimane una merda grazie alla stessa gente di merda e alla quale riserverei lo stesso trattamento inumano che avrei riservato dieci anni fa, ma diciamo che oggi da tali faccende preferisco non farmi più inquinare, almeno in sede compositiva. Sono finiti i tempi in cui tornavo a casa ubriaco pesto e mi mettevo a vomitare odio su carta e spero che questo non sia scambiato per rincoglionimento ma sia semplicemente preso per ciò che è, ovvero quiete.
Avendo attraversato diversi decenni, parlateci un po' dell'evoluzione della vostra scena musicale.
Non frequento la "scena", spesso alcuni "colleghi" di questa "scena" riescono ad infastidirmi parecchio per quantità di spocchia e presunzione, per un certo elitarismo di fondo, per il fatto che siano i primi a cercare di tenere le bestie rare fuori dal recinto a protezione di un conformismo che non esiterei a definire osceno; loro mi infastidiscono ed io infastidisco loro. Ho però alcuni buoni amici diventati tali in quanto belle persone e non per ciò che suonano o per la loro appartenenza a chissà quale elìte, o "scena" per l'appunto, ed un eventuale ritorno in termini opportunistici; per quello che mi riguarda Manlio Maresca, tanto per citare il primo che mi viene in mente, avrebbe potuto anche suonare in una cover band di Vasco Rossi invece che negli Squartet o nei Neo e per me sarebbe stato lo stesso una persona a cui voglio molto bene, idem dicasi per i suoi compagni d'arme o per tutti quegli altri che nonostante suonino (ed io come avrai capito sono molto diffidente nei confronti dei musicisti) sono finiti per diventare buoni amici. Di certo posso dire che nello stesso modo in cui tecnicamente e compositivamente sono cresciuto io, altrettanto è successo a loro. Avevamo adottato questo termine, jazzcore, perchè probabilmente noi per primi non sapevamo come definire quello che suonavamo e tantomeno le nostre intenzioni, eravamo gente che apprezzava tanto Miles Davis quanto i Nomeansno o prima ancora gli Husker Du, ed eravamo rari, soprattutto negli anni '90, quando era praticamente vietato avere dischi jazz e punk nella stessa collezione. Questa concezione allargata della musica ci ha indubbiamente posto in una condizione di inclassificabilità, e quindi artisticamente parlando di vantaggio, che per me rappresenta il maggior pregio per una band, ma vallo a dire a tutti quegli sfigati che prima ancora di prendere in mano uno strumento si preoccupano anticipatamente che le loro cose suonino sufficientemente "punk", o peggio ancora "indie".
Perché il crowdfunding? Cosa ne pensate di questo nuovo mezzo?
Torno a citare: "L'internet è un posto meraviglioso". Ha orizzontalizzato il rapporto fra musicisti e pubblico e soprattutto ha avuto l'enorme pregio di porre qualche limite a certe vomitevoli egemonie. Coi tempi che corrono, e qui credo che qualsiasi gestore di una qualsiasi label sia d'accordo, spendere soldi per un prodotto che sostanzialmente puoi vendere ormai solo ai concerti è essenzialmente un suicidio, commercialmente parlando; in particolar modo se per suonare hai bisogno di un'agenzia e magari non ce l'hai. E qui torna utile, oltre che avere una label coraggiosa come la Locomotiv e Gabriele Ciampichetti hanno dimostrato d'essere, anche il crowdfunding. Permette a chi ci crede di essere partecipe ma soprattutto, e forse questo a mio parere è l'aspetto più importante, è un ottimo strumento di misurazione del gradimento o meno di un determinato progetto. Sotto questo aspetto a noi è andata bene oltre ogni aspettativa.
Come portate la vostra musica sullo stage e com'è il vostro rapporto con il pubblico?
Suonare questa roba dal vivo è faticoso, se non l'hai sufficientemente interiorizzata basta un attimo per mandare tutto a puttane, devi imparare ad innestare il pilota automatico; fondamentale è il saper rimanere sempre concentrati, il che va inevitabilmente ad intaccare un po' la spontaneità dello show, ma c'è il trucco, o palliativo che dir si voglia: quello di imparare a ritagliarsi comunque spazi definiti per il cazzeggiamento. Perlomeno, io faccio così. Senza tener conto poi del fatto che l'atteggiamento da rockstar o rocker sul palco, con quei movimenti, quelle posture studiate, quelle facce trucide o sofferenti, i salti da ragazzini, insomma, per me è roba da ritardati totali.
Però adesso ho questa fissa per Franco Frattini, che come tutti i suoi pari giudico un coglione totale, ma che però reputo anche molto bello; ho deciso quindi di esibirmi sempre con la sua maschera, spero che il pubblico capisca e apprezzi.
Questo nuovo corso degli Splatterpink continuerà o Mongoflashmob sarà solo un singolo episodio?
Mi auguro che anche per gli Splatterpink valga la stessa cosa che dicevo poc'anzi a proposito dei Testadeporcu: anche con loro vorrei smettere solo quando non riuscirò più a tenere un basso in mano o quando rischierò di cagarmi addosso sul palco. Dipende solo da loro e dall'atmosfera che si creerà; umanamente parlando, al netto dell'amicizia che ci lega, v'è da dire che l'ambiente Splatterpink è comunque un po' borderline -e non lo dico per far scena, a volte ci siamo anche quasi picchiati- ma finchè ci sono idee e rispetto si può fare di tutto; del resto ho già un paio di pezzi nuovi, quindi...
Salutate i lettori di GrooveOn suggerendogli tre album da ascoltare?
Detto fatto:
"Wrong" dei Nomeansno
"On land and in the sea" dei Cardiacs
"Hyderomastgroningen" dei Ruins
Federico Laratta
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