Cronaca

Un indignata speciale

ROMA, 15 OTTOBRE 2011

 Il treno regionale lascia la stazione di Napoli alle 12.30 e giunge puntuale a Roma alle 15.10. Il corteo partiva da P.zza della Repubblica alle ore 14.00 e siamo in netto ritardo, ma è così che devono andare le cose e il destino che non mi è avverso impiegherà poco a dimostrarmelo. Giusto il tempo di scendere dal treno e vedere fermo, dietro l'angolo di un negozio, il leader dei radicali Marco Pannella. [MORE]

Capelli bianchi, lunghi, raccolti sulla schiena e uno sguardo che la dice lunga. Sono tentata di avvicinarmi e fargli qualche domanda. Così, giusto per capire se il voto di fiducia al governo Berlusconi l'ha elargito con cognizione di causa o su lauta ricompensa, ma per una giornalista in erba la domanda potrebbe risultare contenziosa. Resto a guardarlo ancora qualche secondo nella speranza di poter leggere sul suo viso qualche espressione che possa aiutarmi a capire perché, perché Pannella si trova proprio lì e no altrove. Dovrò attendere solo qualche ora per venire a sapere da una ragazza incontrata nelle fila degli indignados che il Sig. Pannella è stato “elegantemente” invitato a lasciare il corteo. Chi di spada ferisce di spada perisce.

Realizzo dopo pochi secondi che sono a Roma per uno scopo preciso; scaccio dalla mente Mr. “Sciopero della fame” e mi incammino verso la meta.
Arriviamo in P.zza della Repubblica alle 15.30 ormai convinti di non trovare più nessuno e, invece, con mio grande stupore ritroviamo ancora numerosi gruppi in attesa di muoversi. Mi avvicino ad una ragazza pugliese che bazzica tra i manifestanti del P.c.i sezione Piemonte – a dimostrazione del fatto che la lotta di classe non conosce limiti o bandiere – e da lei vengo a sapere che ci sono ritardi sulla tabella di marcia a causa di alcuni “tafferugli” avvenuti nei pressi di P.zza S. Giovanni. Né io né lei avevamo minimamente idea dell'inferno che poche centinaia di teste calde stavano facendo scoppiare proprio lì, nella piazza che, alla fine della manifestazione, avrebbe dovuto accogliere gli indignados accorsi da tutta Italia. Il destino ha voluto che non raggiungessimo mai quel luogo ma, in cambio, mi ha concesso di vivere almeno qualche attimo di quel lontano '68 che, per motivi noti all'anagrafe, non ho mai potuto assaporare. E mi ha permesso di vedere e capire.

Vedere studenti giunti da ogni angolo della penisola stringersi dietro uno striscione in nome di un cambiamento troppo a lungo agognato. Cantano, ballano e sperano che questa crisi economica non siano purtroppo loro a pagarla, e il loro manifestare in maniera chiassosa ma mai violenta suscita l'ammirazione e la contentezza di chi, dall'alto dei palazzi, li vede sfilare.
Vedere padri, con in braccio i propri figli, avanzare per le vie del centro, animati dal solo ed unico desiderio di riuscire a raccontare storie di un futuro che per loro, i pargoli, possa essere ancora roseo.
E ho visto anziani reggere la sfida del lungo percorso solo per dimostrare a chi di dovere che potranno tagliare le loro pensioni, ma la voglia di vivere e rovesciare questo governo mai.
Ho visto i loro occhi, i loro sorrisi, il passo lento ma deciso di chi con coraggio avanza verso il proprio nemico, le proprie paure, le proprie incertezze. Il destino mi ha concesso di vedere e trattenere il meglio di questi uomini e di queste donne, di questi indignati che non hanno bisogno di distruggere e devastare per farsi ascoltare, che sono fieri e dignitosi nel loro manifestare, colorati e rumorosi come solo le cose belle sanno essere.

Ed è per i loro ideali ed il loro pacifismo che firmo questo accorato manifesto, perché il 15 ottobre 2011 non venga ricordato solo come un giorno di distruzione e di arresti, perché mille black bloc non varranno mai un solo manifestante ligio ed onesto, perché le voci unite di un popolo decorosamente in lotta non vengano ridotte all'urlo silenzioso di una minoranza. E soprattutto perché sarebbe ora che i politicanti intervistati al riguardo nei vari salotti pomeridiani scendessero per strada a toccare con mano la realtà prima di coprirsi di ridicolo sostenendo che i black bloc e il resto dei manifestanti sono le facce di una stessa medaglia. Prima di ridicolizzare i sogni di chi a Roma ha marciato in nome di ideali non ancora consumati dal profitto e dal mero interesse.

De Franco Sara