Un'abbuffata di Jazz Rock Etnico: intervista agli Slivovitz
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Un'abbuffata di Jazz Rock Etnico: intervista agli Slivovitz

giovedì 7 gennaio, 2016

SOVERATO (CZ), 07 GENNAIO 2016 - Dopo Bani Ahead ed un'assenza durata quattro anni, gli Slivovitz ritornano con All you can eat pubblicato il 17 Novembre per la newyokese Moonjune Records. Abbiamo fatto quattro chiacchere con la band napoletana che alla fine ci ha riempito di consigli discografici.
Buona lettura!

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Chi sono gli Slivovitz e perché hanno questo strano nome?
Gli Slivovitz sono un gruppo di musicisti napoletani che ha cominciato per gioco bevendo “Slivovitz” 14 anni fa e non ha più smesso.

Spiegateci che cos'è il – vediamo se dimentico qualcosa... – progressive gypsy electro eclectic jazz.
È un’idea del nostro editore Leonardo Pavkovic per attirare l’attenzione dei media! Noi siamo a nostro agio anche con una definizione più semplice tipo “Jazz Rock Etnico”… In generale si vuole indicare uno stile musicale strumentale che lascia spazio all’improvvisazione ma all’interno di sonorità rock che guardano con interesse alla musica di tutto il mondo.

Dal vostro precedente lavoro – Bani Ahead – sono passati quattro anni, cosa avete fatto durante questo tempo?
Abbiamo dovuto metabolizzare un cambio di line up abbastanza importante: il bassista uno dei nostri membri fondatori è andato a vivere a Londra, e noi abbiamo impiegato un po’ per trovare un sostituto all’altezza e per fissare le coordinate per il prossimo disco. Sono stati quattro anni intensi e difficili, ma il risultato ci soddisfa a pieno

Parlateci di All you can eat.
L’idea di chiamare il disco così è venuta a cena, in un ristorante giapponese che praticava la nota offerta “mangia” fin che puoi. Questo nome ben descrive l’attitudine “onnivora” della band e il miscuglio di influenze che si sentono nel nuovo lavoro.

Anche questo disco è stato pubblicato dalla newyorkese Moonjune Records, come siete arrivati a New York? Si è instaurato un rapporto non solo musicale con loro?
Siamo stati contattati da Leonardo Pavkovic su myspace durante le registrazioni di “Hubris” e da li è partita la nostra collaborazione. Per certi versi lavorare con NewYork è stato più facile che farsi conoscere in Italia, un paese dove sempre più manca il coraggio per investire in gruppi meno “catalogabili” di altri. Non abbiamo mai incontrato Leonardo dal vivo, ma continuiamo a farci distribuire da lui perché intorno alla sua etichetta gravita un pubblico di veri appassionati del genere.

Raccontateci com'è nata l'idea per il videoclip di Passannante e perché avete scelto proprio questo brano.
La scelta del brano è stata fatta in base al suo impatto molto forte ed in base alla sua durata più radiofonica di altri brani, ci siamo rivolti a Daniele Rosselli del quale avevamo già avuto modo di apprezzare il talento, lui ha una profonda conoscenza dell’universo “Creative Commons” e delle banche dati di immagini disponibili online di questi tempi. Ha lavorato liberamente senza troppe indicazioni montando e “correggendo” la fotografia delle immagini, poi abbiamo un po’ discusso su alcune cose e fatto qualche minuscolo aggiusto fino alla stesura finale.

Qual è la maggiore difficoltà che affronta una band del genere nel panorama italiano?
La chiusura mentale dei promoter e il provincialismo dell’universo che ruota intorno al concetto di “canzone italiana”. La crisi degli ultimi anni sta definitivamente tagliando le gambe alla creatività ed alla varietà stilistica in un settore, come quello dell’industria musicale, già in crisi dalla fine degli anni ’90.

Siete in attività dal 2001, se e come è cambiato questo panorama?
Il panorama musicale è sempre vario; il mondo è pieno di musica meravigliosa, ma il mainstream è veramente ormai solo un disgustoso veicolo di omologazione culturale ai modelli della musica commerciale. I talent sono solo l’ultima trovata commerciale all’interno di un panorama culturale desolantemente uguale a se stesso dalla fine degli anni 90…

Volete salutare i lettori di GrooveOn con tre – anche più – album che sentite in dovere di consigliare?
Eccone una lista “ad personam”:

Pietro – Meddle (Pink Floyd) Coltrane’s Sound (John Coltrane) Does humor belongs in music, Zappa in new york (F.Zappa) Madar (Jan Garbarek) Masada vol 3 (John Zorn) Houses of the Holy (Led Zeppelin)
Derek – “Let It Bleed” (Rolling Stones)
Ciro – La sagra della primavera di Stravinskij
Riccardo – Band of gypsys di Hendrix, Richard D. James di Aphex Twin, Live Evil, Feed me weird things di Squarepusher, Balkanology di Ivo Papasov, Led Zeppelin I, Blood sugar sex magik, My favorite things di Coltrane, Songs for the deaf dei QOTSA, Back on the planet di Ras G.
Marcello – Meddle ( Pink Floyd ), Led Zeppelin I-IV, OK computer e Amnesiac ( Radiohead ), Enroute (John Scofield ), Sheer Heart Attack ( Queen ), In Utero ( Nirvana ), Miles Davis ( Live Evil )

 

 

 

Federico Laratta

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