Cronaca Nera
Uccise la ex a coltellate: 36enne muore suicida nel carcere di Rossano
COSENZA, 20 GIUGNO – Suicidio nel carcere di Rossano, in provincia di Cosenza. Arturo Saraceno, il trentaseienne condannato a 16 anni per aver ucciso con più di 15 coltellate la sua ex fidanzata nel corso di una lite, nel 2016, intorno alle 9 di ieri si è impiccato nel bagno della sua cella utilizzando la cintura dell’accappatoio.
Prima di compiere l’estremo gesto, Saraceno avrebbe aspettato che il suo compagno di cella si recasse nel cortile dell’istituto penitenziario per l’ora del passeggio. Una volta rimasto solo, con la cintura dell’accappatoio adibita a cappio, l’uomo si è appeso alle sbarre della finestra del bagno. A scoprire il corpo esanime, alcuni agenti. Vani i soccorsi prestati dal personale del 118, che non ha potuto fare altro se non accertare il decesso del detenuto.
Saraceno aveva ottenuto il trasferimento dal carcere di Busto Arsizio a quello di Rossano per poter ricevere le visite dei suoi familiari, residenti in Calabria. L’uomo era stato condannato a 16 anni per l’omicidio della sua ex fidanzata, la 25enne Deborah Fuso. Il delitto è avvenuto il 16 maggio 2016 a Magnano (Milano).
La ricostruzione dell’omicidio e il primo tentativo di suicidio
Arturo e Deborah hanno avuto una storia d’amore durata sei anni ma la giovane, a seguito di alcune incomprensioni, decide di troncare la relazione pur avendo già fissato la data del matrimonio e torna a vivere con i genitori. L’uomo non accetta la decisione della ex e il 16 maggio 2016 le chiede un incontro per poter parlare del loro rapporto, ormai naufragato. All’interno della mansarda in cui avevano convissuto, tra i due scoppia l’ennesimo diverbio. Nel corso della lite, Saraceno afferra un grosso coltello da cucina e colpisce la venticinquenne. Deborah prova a fuggire ma l’aggressore la raggiunge per le scale e le infligge altre 15 coltellate fatali. Lui tenta di farla finita utilizzando la stessa arma con la quale ha tolto la vita alla sua ex, ma all’arrivo dei soccorsi - allertati da una vicina - lo troveranno ancora vivo e verrà trasportato in ospedale. Confesserà l’omicidio, affermando agli inquirenti che gli “era partito un embolo”.
Luigi Cacciatori