Turchia, svolta storica: Erdogan perde il 50%; i curdi entrano in Parlamento
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ANKARA, 8 GIUGNO 2015 – Svolta storica in Turchia: dopo 13 anni di potere assoluto di Tayyip Erdogan, il suo partito perde il potere assoluto, raggiungendo un risultato al di sotto del 41% alle elezioni di ieri. L'AKP resta il primo partito del paese, ma per la prima volta alla guida della Turchia non ci sarà più il “monocromo” di Erdogan: il leader adesso dovrà necessariamente aprire a una coalizione, che considerati gli altri schieramenti politici si ha la sensazione che risulterà piuttosto improbabile. Erdogan si fa dunque piccolo piccolo, risultando in ultima analisi l'ultima vittima di quelle primavere mediorientali che sembravano non avessero attecchito in Turchia, e di cui Erdogan voleva mostrarsi come riferimento di contenimento.
Ankara con l'AKP aveva anche sperato in una rapida caduta del vicino Assad, in Siria, e per tutti gli anni dall'inizio della guerra civile la Turchia aveva favorito il passaggio di uomini e armi attraverso i propri confini, in supporto a quei ribelli che poi si sono trasformati in Stato Islamico e che adesso minacciano proprio quegli stessi confini. Erdogan è fallito anche come modello di democrazia mediorientale, che negli ultimi tempi aveva perduto ambasciatori sia in Egitto che in Israele, in Siria, in Libia, o ritirandone numerosi in giro per l'Europa, non ultimo quello al Vaticano, dopo che il Papa aveva parlato di genocidio armeno.
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Nonostante tutto, però, la Turchia resta l'ultimo baluardo di un medioriente in disgregazione, un paese appartenente alla NATO che ospita circa 1,6 milioni di profughi siriani, una economia schizzata tra le prime 16 nel mondo e un nodo cruciale di interessi soprattutto energetici che coinvolgono Europa, Russia, Caucaso, Iran e mondo arabo. In questo contesto, la controversa politica presidenziale e il modello che Erdogan voleva imporre hanno fatto il bello e il cattivo tempo; di certo, Tayyip paga lo scotto, e si vede dal fatto che soltanto un anno fa l'AKP usciva dalle urne con un sonoro 52%. Gli sono costati cari diversi interventi scelleratamente autoritari, su più di una questione di natura etico-morale.
Il vincitore assoluto di questa tornata turca è senza dubbio l'HDP, il partito filo-curdo, che per la prima volta in assoluto riesce a superare la soglia del 10% e ad entrare in parlamento, con ben 79 seggi: la differenza l'ha fatta la politica saggia di Salahettin Demirtas, il leader curdo che s'è svincolato dalla retorica guerrigliera del PKK e s'è accaparrato anche la fiducia di tanti turchi. Un 13% che fa ben sperare in quel tanto agognato processo di pace con i curdi in Turchia. Di certo, non va nemmeno sottovalutato l'importanza che hanno avuto i curdi nel proteggere i confini turchi dall'avanzata dell'ISIS e specie nell'assedio di Kobane; una resistenza che a quanto pare ha fatto la differenza. Ora sta a Demirtas capitalizzare questa enorme fiducia; come prima cosa, ha fatto sapere che non ha alcuna intenzione di entrare in coalizione con Erdogan. “Sarebbe un tradimento”, ha dichiarato.
Foto: hurriyetdailynews.com
Dino Buonaiuto