Turchia, Amnesty International: "Arbitrarie le purghe post-golpe"
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Turchia, Amnesty International: "Arbitrarie le purghe post-golpe"

lunedì 22 maggio, 2017

ISTANBUL, 22 MAGGIO - Dure accuse ad Ankara da parte di Amnesty International per le epurazioni che hanno seguito il fallito colpo di stato dello scorso 15 luglio. "Purghe di massa arbitrarie", così sono stati definiti i provvedimenti che hanno colpito oltre 100mila pubblici impiegati nei giorni successivi al golpe.[MORE]

Oltre 35mila membri delle forze dell'ordine, dell'esercito e della magistratura sono stati rimossi dall'incarico. Licenziamenti e sospensioni arbitrarie, secondo Amnesty, che ha sottolineato l'assenza di adeguate giustificazioni e di sufficienti prove.

E' bastato essere accusati di avere legami con Fethullah Gulen, presunto orchestratore del golpe da oltreoceano, per perdere il posto di lavoro. In particolare, anche chi aveva semplicemente aperto un conto corrente presso la Bank Asya, oppure aveva disdetto l'abbonamento alla tv Digiturk dopo la sospensione nel 2015 dei programmi legati a Gulen, è stato bollato come "Gulenista".

Le fonti del rapporto sono decine di interviste ed incontri con le autorità turche, che hanno peraltro evidenziato l'assoluta assenza di strumenti giudiziari per appellarsi avverso le purghe. La commissione istituita ad hoc, infatti, non ha ancora iniziato l'esame dei ricorsi.

Per Amnesty, in conclusione, i presunti golpisti sono condannati a vedersi negato il proprio futuro, privati dei passaporti e di fatto impossibilitati a trovare un impiego nel Paese, in quanto tacciati di essere "terroristi".

Il tentato colpo di stato dello scorso 15 luglio ha segnato un passaggio cruciale nella storia contemporanea della Turchia. Dopo decine di migliaia di epurazioni sommarie, e di incarcerazioni per sospetti legami con i "cospiratori", il presidente Erdogan ha in ultimo varato una riforma costituzionale fortemente accentratrice, validata da una risicata maggioranza di elettori nel referendum tenutosi il 16 aprile scorso. 

La situazione di Ankara ha spinto il 27 aprile il Consiglio d'Europa a riaprire la procedura di monitoraggio sulla Turchia, per possibili violazioni di diritti e libertà fondamentali dell'uomo.

Paolo Fernandes

 Foto: eurocomunicazione.com


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