Estero
Turchia, altri 240 arresti per legami con i golpisti
ISTANBUL, 1 DICEMBRE - Continuano le “purghe” post-golpe. Ad oltre un anno dal fallito colpo di stato del 15 luglio 2016, la procura generale di Istanbul ha ordinato l’arresto di 360 militari, di cui 240 sarebbero già finiti in manette, per presunti legami con Fetullah Gulen, ritenuto la vera mente dietro i fatti di quell'estate.[MORE]
In particolare, 27 dei militari sarebbero degli imam occulti, ossia addetti a fare proseliti per la presunta organizzazione di Gulen, FETO (organizzazione del terrore gulenista). Continua, dunque, a crescere il numero di persone arrestate per asserite affinità con la rete golpista: sono ormai oltre 50mila i turchi finiti dietro le sbarre dopo il tentato golpe.
Accanto a questi, oltre 160mila persone, ad ogni livello e specializzazione del pubblico impiego, hanno perso il proprio lavoro anche per il solo fatto di essere sospettati di avere o avere avuto contatti con i golpisti.
Le ritorsioni post-colpo di stato hanno portato ad una marcata inversione di tendenza nella linea politica turca: dopo decenni di apertura verso l’occidente e l’Europa, infatti, il Paese di Erdogan ha adesso imboccato una strada ben lontana dal modello di stato laico e moderno disegnato, quasi un secolo fa, da Mustafa Kemal Ataturk.
Ed è proprio di oggi la notizia, che giunge da Ankara, della condanna pubblicata dal principale organo religioso turco, la Direzione degli affari religiosi, contro gli uomini che si tingono i capelli di nero. Se tingersi capelli, barba e baffi senza voler ingannare gli altri è consentito, colorare di nero la propria capigliatura, per un uomo è inammissibile perché contrario alle regole islamiche.
E' definitivamente chiusa, invece, la questione relativa al referendum costituzionale dello scorso 16 aprile, che ha fortemente ampliato i poteri dell'esecutivo ed ha aperto alla possibilità di forti legami tra questo ed un partito politico. La Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) ha infatti respinto ieri il ricorso intentato dal principale partito di opposizione turco.
Per la Corte, i referendum "non sono tenuti ad intervalli ragionevoli come le elezioni perchè rappresentano un modo per accertare l'opinione del popolo su una questione non ricorrente". I giudici di Strasburgo hanno quindi evidenziato come la consultazione non abbia portato all'elezione di una persona in particolare, rispettando, dunque, la natura dell'istituto.
Paolo Fernandes
Foto: aljazeera.net