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NEW YORK, 11 MARZO - Il 10 marzo l’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha chiesto a quarantasei procuratori distrettuali di presentare le loro dimissioni.[MORE]
La legislazione statunitense prevede che, all’elezione di un nuovo presidente, i procuratori – in tutto novanta tre -, ognuno dei quali referente del dipartimento di giustizia per il proprio distretto, presentino le loro dimissioni. E infatti, i quarantasette procuratori nominati da Obama si erano già dimessi in seguito all’elezione di Trump.
Prima della nomina di un nuovo procuratore, il posto vacante viene temporaneamente rimpiazzato dal suo vice, non di nomina politica come accade per l’elezione dei procuratori. Così Leon Neyfakh su Slate: “Può sembrare strano, ma questi licenziamenti in massa di procuratori sono una prassi a Washington, e ogni nuovo presidente che in tempi relativamente recenti abbia preso il posto occupato da un presidente dell’altro partito ha fatto più o meno la stessa cosa”.
Nel caso dell’amministrazione Trump però, ciò che potrebbe sembrare strano è il modo, poco diplomatico, con cui si è chiesto ai procuratori di presentare le loro dimissioni. Stando a quanto riferito dal giornalista Sean Hannity, pare fosse necessario ‘epurare’ il governo federale dagli ultimi rimasugli di amministrazione Trump, eliminando i ‘sabotatori’ ovvero i procuratori, responsabili secondo Hannity di aver fatto pervenire alla stampa informazioni riservate sulla stessa amministrazione Trump.
Tra i quarantasei procuratori ‘licenziati’, il più noto è Preet Bharara, procuratore di Manhattan conosciuto per la sua incessante lotta contro la corruzione. Due i procuratori le cui dimissioni sono state invece respinte: Dana Boente e Rod Rosenstein, quest’ultimo nominato da Trump come nuovo vice procuratore generale.
Luna Isabella
(foto da cellulare-magazine.it)