Politica

Tremonti vs Draghi: match a favore della Banca d'Italia

Roma, 21 SETTEMBRE 2011. Il focus delle istituzioni internazionali sull’Italia si sposta dai parametri della finanza pubblica ai fondamentali dell’economia reale. Dopo i duri moniti di Standard & Poor’s e del Fondo Monetario internazionale che richiamano il governo italiano a una maggiore incisività sul piano delle riforme economiche per la crescita, si registra un’importante novità nello scenario politico con il ministro dell’Economia Tremonti costretto ad allinearsi alla Banca d’Italia.[MORE] La rivalità con il governatore Draghi non è un mistero, eppure negli ultimi mesi, stretto alle corde dal caso giudiziario del suo stretto collaboratore Marco Milanese, Tremonti ha dovuto scendere a più miti consigli e instaurare una più stretta collaborazione con Palazzo Koch. Già in occasione della manovra di Ferragosto il governo aveva dovuto accettare le raccomandazioni della Banca d’Italia contenuta nella lettera a firma congiunta con la Bce nella quale si dettavano le condizioni di politica economica al fine di far partire il piano di acquisto dei titoli di debito pubblico italiano da parte dell’istituto europeo. Nella lettera, oltre alla richiesta del raggiungimento anticipato del pareggio di bilancio nel 2013, Mario Draghi e Jean Claude Trichet indicavano i sentieri per le riforme del sistema sociale ed economico italiano. Si andava dalla questione dell’innalzamento dell’età pensionabile, alle riforme del mercato del lavoro, da piano delle privatizzazioni e liberalizzazione al sistema delle infrastrutture. Con la manovra d’estate il governo ha aderito alla prima parte delle richieste dei banchieri europei, predisponendo un piano di riduzione delle spese e di maggiori entrate di 54 miliardi di euro. Per stessa ammissione del ministro Tremonti, rimane da fare il tagliando alle politiche per la crescita, cioè per il miglioramento del denominatore di quel rapporto tra debito pubblico e Pil che è al centro anche dell’interesse del Fmi e delle agenzie di rating.
La vera novità di scenario si colloca esattamente al crocevia tra manovra d’agosto e accelerazione del tagliando sulle politiche della crescita in corso ed è rappresentata dal coinvolgimento del vicedirettore generale di palazzo Koch Vincenzo Visco nella redazione della bozza di provvedimento governativo con cui si cercherà di dare una frustata al cavallo dell’economia. La novità non è di poco conto, se si considera che fino ad oggi i rapporti istituzionali tra Via XX settembre e la Banca d’Italia erano ai minimi storici, a rischio di un conflitto istituzionale senza precedenti. E’ infatti in corso il procedimento di nomina del successore alla presidenza della Banca d’Italia del successore di Draghi. L’esecutivo ha il dovere di proporre al Presidente della Repubblica il nominativo del governatore della Banca d’Italia dopo avere sentito il consiglio esecutivo dell’istituto di Palazzo Koch. Con un’iniziativa insolita per il protocollo istituzionale italiano, Palazzo Chigi ha provveduto ad interpellare la Banca d’Italia circa il possibile sostituto di Draghi, destinato al ruolo di governatore della Bce, senza esprimere un nominativo. In realtà, il governo aveva deciso di tenere in ghiaccio il nome di Vittorio Grilli, direttore generale del Tesoro e candidato di Tremonti, nell’attesa che si realizzassero le condizioni istituzionali per la sua nomina. I vertici di palazzo Koch non hanno gradito l’atteggiamento del governo e hanno continuato a far trapelare che avrebbero preferito una soluzione interna di continuità istituzionale con la nomina dell’attuale direttore generale Fabrizio Saccomanni. Il braccio finale sembra arrivato alla fine con la prevalenza della visione continui sta attribuibile a Mario Draghi.
La prudenza espressa dalle istituzioni europee, dal commissario per gli affari monetari Olli Rehn in primis, sulla bocciatura delle politiche fiscali ed economiche italiane di Standard & Poor’s e del Fmi rappresenta forse il riconoscimento da parte dell’Unione europea, di cui Draghi sta per diventare uno dei massimi esponenti, della resipiscenza dell’esecutivo italiano rispetto al dovere di leale collaborazione istituzionali con il sistema istituzionale delle banche centrali.
 

Emiliano Colacchi.

 

In foto, Fabrizio Saccomanni, direttore generale della Banca d'italia