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Totò e Vicè di Franco Scaldati al Teatro Nuovo di Napoli
NAPOLI, 9 DICEMBRE 2013 - Un duo tra i più significativi del teatro contemporaneo italiano, Enzo Vetrano e Stefano Randisi, da anni impegnato in una profonda ricerca nelle radici della parola teatrale, con un forte senso dell’indagine esistenziale, si accosta alla fantasia di Franco Scaldati, dando vita ai due poetici clochard protagonisti di Totò e Vicé, in scena da mercoledì 11 dicembre 2013 alle ore 21.00 (repliche fino a domenica 15) al Teatro Nuovo di Napoli.
Franco Scaldati, poeta, attore e drammaturgo palermitano, ha rappresentato, nella letteratura teatrale del ’900, una tra le figure forse più appartate e solitarie, il cui valore è stato riconosciuto soltanto dopo molti anni.
Il teatro di Enzo Vetrano e Stefano Randisi, legati da una trentennale collaborazione artistica sui palcoscenici, sia come attori sia come registi, non poteva non incontrare le parole di queste drammaturgie amorose e vibranti, intrise di pensiero che s’interroga e nel paradosso indaga. [MORE]
Totò e Vicé, testo che risale al 1992, si carica della loro forza scenica, perfettamente disegnato sulla figura di due clochard sopra le righe, che nel dialogo sciolgono temi da dissertazione filosofica.
Nelle loro parole, i loro gesti, i loro pensieri, i giochi nei quali essi traducono e reinterpretano i loro dialoghi fantastici e le loro domande surreali, Totò e Vicé sono la dialettica, la complementarità, la forma stessa di una loro poetica vissuta da una doppia identità scritta da un'amicizia reciproca assoluta, in una realtà punteggiata di sogni che li fanno stare in bilico tra la natura e il cielo, tra passato e futuro.
Sono due personaggi post-beckettiani, che sembra si siano ricongiunti con il loro Godot, trovando nel sorriso e nei giochi più ingenui il modo di riappacificarsi con la vera natura del teatro, fatto di niente, solo di una sfilza di lumini allineati lungo tutto il proscenio, come era usuale fare nella Commedia dell'Arte.
La vita e la morte, attraversate nel cerchio di lumini attorno: con due malandati cappotti spigati aperti sul davanti Totò e Vicé in un cimitero vanno, e non sanno dove. Si caricano della poesia frammentata, che non ha bisogno di unità drammaturgica perché vive di quella sentimentale, e giocano fra il vero e il verosimile, cercano il loro senso magico delle cose, gli eventi del mondo, concludendo ogni citazione con “chi lo dice?”
E non ricordano mai la fonte, perché non ce n’è: fonte è l’uomo, ognuno che vive e che muore. È qui che il teatro e il palco si fanno, di vita e morte, specchio d’ogni azione.
Vetrano e Randisi conducono in questa dimensione limite, quasi onirica, tutta la loro capacità di attrarre, con leggerezza e felicità interpretativa, mai fuori da quella convenzione con lo spettatore che è quasi dedizione all’atto dell’ascolto.
Notizia segnalata da Raimondo Adamo