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01 FEBBRAIO 2014 - Rimpasto di governo o no, grande coalizione o meno, le elezioni politiche nazionali (oltre che le imminenti europee), si stanno avvicinando velocemente. Pochi sembrano rendersene conto, specie tra i piccoli partiti e movimenti politici, nei quali sembra perlopiù arieggiare un diffuso sentimento di rassegnazione e di sfiducia nel risultato delle urne.
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Nonostante ciò tutto tace e nulla sembra voler essere cambiato rispetto alle ultime fallimentari consultazioni nazionali, con particolare riferimento a tutti quei movimenti e partiti definiti dello zero virgola. E a questo punto delle conclusioni immediate mi guizzano da una parte all’altra della testa, impedendomi addirittura un giudizio limpido e sereno. Quello che più mi preme, e quello di cui ora avrei più voglia, sarebbero delle risposte “concrete” dai gruppi dirigenti di tutti i partiti dell’area che alle ultime elezioni hanno raccolto consensi pulviscolari, non arrivando nemmeno all’1% (se sommati).
Ora, se passa la legge elettorale come Berlusconi e Renzi la stanno programmando, che si farà? Per i meno informati, questa nuova legge elettorale prevede uno sbarramento non più al 4%, bensì di molto superiore per quei partiti che non si presenteranno raggruppati in una coalizione. Se già prima i centri del potere erano un miraggio, adesso cosa cambia?
Aprendo i social network vedo che i militanti di questi partiti pongono in essere quotidianamente diverse azioni sul territorio, molte delle quali anche piuttosto onerose dal punto di vista economico, del tempo e delle conseguenze civili e penali. Ma a questo punto mi viene da chiedermi: a che pro? E’ solo una questione di divertimento, dello stare in comunità, dell’abitudine di avere amici nel gruppo militante, di far vedere la propria faccia a tutto il popolo di Internet, di avere un ideale talmente forte che offusca il pensiero razionale, o effettivamente qualcuno crede davvero che così facendo si possa centrare l’obiettivo elettorale?
Parlo a nome di tutti coloro che lavorano e fanno mille sacrifici per andare avanti e costruirsi un futuro, eppure ancora credono in un ideale: vale la pena impiegare il nostro tempo nell’attività militante o è meglio fermarsi a fare un’ora di straordinario in più sul lavoro per arrivare con più facilità alla fine del mese?
Queste domande sono rivolte a coloro che tengono le redini dei partiti dal vertice, che quasi sicuramente una risposta ce l’hanno già pronta, puntuale, precisa e consapevole. Vale la pena continuare a togliersi il consenso tra varie anime di una stessa area, a detrimento del consenso globale, che soprattutto in un periodo di crisi economica e di valori come il presente potremmo ottenere? Non sarebbe piuttosto più utile creare una grande coalizione di partiti anti europeisti e convintamene nazionalisti in cui ciascuno peserà in Parlamento proporzionalmente al consenso ricevuto?
Per andare avanti, per centrare uno alla volta gli obiettivi prefissati e realizzarli, secondo me, è necessario anche attuare dei compromessi, per il beneficio dell’intera Nazione, senza rinchiudersi in sterili campane di vetro autocelebrative, giocando a fare la gara a chi è più permaloso e a chi raggiunge il risultato meno deludente.
Il domani appartiene a noi, e credo che se riusciamo a toglierci le etichette per una volta, a rinunciare a simboli ed appartenenze, raggiungeremo grandi risultati.
Terra Domani Friuli VG
Matteo Rupnik
(notizia segnalata da Dario Calligaro)