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Supercondominio: non è necessaria un’apposita manifestazione di volontà

COSENZA, 19 NOVEMBRE - Il Supercondominio costituisce una fattispecie legale in cui una pluralità di edifici, costituiti o meno in distinti condomini, sono ricompresi in una più ampia organizzazione condominiale, legati tra loro dall’esistenza di talune cose, impianti e servizi comuni (quali il viale di accesso, le zone verdi, l’impianto di illuminazione, la guardiola del portiere, il servizio di portierato, ecc.) in rapporto di accessorietà con i fabbricati, cui si applicano in pieno le norme sul condominio, anziché quelle sulla comunione. Inoltre, viene in essere "ipso iure et facto", se il titolo non dispone altrimenti, senza bisogno d’apposite manifestazioni di volontà o altre esternazioni e tanto meno d’approvazioni assembleari. Questo è quanto stabilito dalla  Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza n. 27084/2018 depositata il 25 ottobre.

Il caso. Un Supercondominio agiva innanzi al Giudice di pace competente chiedendo e ottenendo un decreto ingiuntivo nei confronti di uno dei suoi partecipanti, lamentando il mancato pagamento della somma di Euro 4.697,96, oltre accessori, da parte di questi, delle spese relative alla conservazione delle parti comuni.

Il condomino appellava il suddetto decreto e dichiarava di non dovere corrispondere le citate somme dal momento che: 1. mancava la prova dell’esistenza di una comunione, che legittimasse di esigere il pagamento delle spese di gestione; 2. con l’assegnazione del lotto all’appellante non erano state trasferite pertinenze, né sussistevano successivi atti di trasferimento; 3. a tale mancanza non poteva supplire il regolamento della comunione del Complesso Residenziale approvato con successiva assemblea ordinaria. Il giudice d’appello, a seguito del giudizio, accoglieva il gravame del condomino e revocava il decreto di condanna irrogato dal giudice del primo grado di giudizio.

Avverso tale sentenza il Supercondominio proponeva ricorso per cassazione con due motivi di diritto. Con il primo motivo il ricorrente deduceva una violazione da parte del giudice d’appello delle norme in materia di comunione e condominio per non avere valutato un fatto considerato decisivo per il giudizio. In particolare, rilevava il ricorrente come la società cooperativa edilizia, previa convenzione di lottizzazione, aveva realizzato un villaggio, composto da ville unifamiliari, da assegnarsi ai soci e l’intero comprensorio era rimasto in gestione della cooperativa fino al commissariamento della stessa, essendosi fatto luogo, da parte gestione commissariale, ad una dichiarazione, ricevuta da notaio, con la quale erano state individuate le numerose pertinenze (pozzi per l’acqua irrigua e relative condutture, depuratore del parco, terreni destinati a verde, impianti di urbanizzazione secondaria, ecc.). La mancata inclusione delle citate pertinenze nei singoli atti di assegnazione dei lotti ai privati era, pertanto, solamente frutto di un errore materiale di omissione. Affermava, quindi, il ricorrente che la sentenza impugnata aveva applicato erroneamente l’art. 1350, cod. civ., stante che gli accessori seguivano il destino del bene principale, senza necessità di apposita specificazione o vincoli di forma e che non era dubbio che si trattava di beni accessori, investendo essi servizi comuni (manutenzione, illuminazione e gestione del complesso, dotato di strade di accesso interne, rete idrica, rete fognaria, depuratore, guardiania, ecc.).

Il secondo motivo di ricorso, invece, deduceva la violazione da parte del giudice d’appello degli artt. 63 disp. att. c.c. e 1109 - 1137 c.c., per non avere il Giudice dell’appello tenuto conto, siccome, invece, aveva fatto il Giudice di pace, del fatto che il condomino opponente non poteva far valere questioni attinenti alla validità della delibera condominiale in quanto questa era già stata impugnata in altro giudizio. Il Supremo Collegio accoglieva il primo motivo e riteneva assorbito il secondo. Secondo i giudici di legittimità, “costituisce principio fermo, al quale il Collegio intende dare continuità, l’affermazione secondo la quale al pari del condominio negli edifici, regolato dagli artt. 1117 e segg. cod. civ., anche il c.d. supercondominio, viene in essere "ipso iure et facto", se il titolo non dispone altrimenti, senza bisogno d’apposite manifestazioni di volontà o altre esternazioni e tanto meno d’approvazioni assembleari, sol che singoli edifici, costituiti in altrettanti condomini, abbiano in comune talune cose, impianti e servizi legati, attraverso la relazione di accessorio e principale, con gli edifici medesimi e per ciò appartenenti, "pro quota", ai proprietari delle singole unità immobiliari comprese nei diversi fabbricati”. Inoltre, per far nascere un Supercondominio “non è necessaria né la manifestazione di volontà dell’originario costruttore, né quella di tutti i proprietari delle unità immobiliari di ciascun condominio, venendo il medesimo in essere "ipso iure et facto", se il titolo o il regolamento condominiale non dispongono altrimenti; si tratta di una fattispecie legale, in cui una pluralità di edifici, costituiti o meno in distinti condomini, sono ricompresi in una più ampia organizzazione condominiale, legati tra loro dall’esistenza di talune cose, impianti e servizi comuni (quali il viale di accesso, le zone verdi, l’impianto di illuminazione, la guardiola del portiere, il servizio di portierato, ecc.) in rapporto di accessorietà con i fabbricati, cui si applicano in pieno le norme sul condominio, anziché quelle sulla comunione.” Secondo la Corte di Cassazione, quindi, la Corte d’Appello aveva errato nel dare importanza alla circostanza che nell’attribuzione della casa al controricorrente non vi fosse fatta menzione dei servizi comuni e della necessità di corrispondere il costo degli stessi, dato che questa eventualità era sussistente a prescindere dalla lettera del rogito e frutto di una situazione di fatto e diritto naturalmente occorrente alla presenza delle succitate condizioni.

Per tali motivi la Corte di Cassazione cassava la decisione impugnata e rimetteva il giudizio al grado d’Appello per una nuova valutazione sul merito.

Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express