Estero

Sud Sudan, una catastrofe umana

 BENTIU (SUD SUDAN), 27 MAGGIO 2015 – Decine di migliaia di civili sono stati costretti a sfollare e un numero imprecisato è stato ucciso durante gli attacchi militari ai danni dei ribelli, nelle zone dove imperversa una sanguinosa guerra civile nel governatorato chiamato Unità. “Ho visto soldati in uniforme dar fuoco alle nostre case, con persone dentro”, ha dichiarato Nyanuoka, una donna sopravvissuta al massacro, “hanno stuprato una ragazza e l'hanno uccisa. Ho visto tre donne giustiziate davanti ai miei occhi. Poi ho visto le stesse persone portarsi via il nostro bestiame”.

Nuanuoka è scappata dal villaggio di Boaw della torturata provincia di Unità, in seguito a un attacco avvenuto circa una settimana fa. È scappata con i suoi figli, lasciando tutti i propri averi. Uno dei figli, un bambino di 11 anni, si è smarrito nella foresta mentre scappavano. La famiglia ha camminato per circa sette giorni e Nyanuoka ha nutrito gli altri suoi figli con radici contenenti acqua e con foglie, finché hanno raggiunto la città di Bentiu, il capoluogo della regione, lo scorso mercoledì, e la relativa protezione di un campo profughi delle Nazioni Unite.

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Dalla fine di aprile, le forze governative del Sud Sudan (SPLA) hanno intrapreso attacchi sempre più violenti contro le forze ribelli presenti soprattutto a Unità, nel tentativo di riprendere il controllo della regione prima dell'arrivo della stagione delle piogge, prevista per giugno. La missione dell'ONU in Sud Sudan ha stimato che almeno 100.000 civili sono stati costretti a lasciare le proprie case, e che circe 300.000 hanno vissuto una quasi totale sospensione dei diritti umani dovuta ai combattimenti delle scorse settimane. Sorvolando alcune aree della regione, si vedono colonne di fumo sollevarsi un po' ovunque nei pressi di numerosi villaggi. Sono state riportate gravissime violazioni dei diritti umani, ma agli operatori delle Nazioni Unite è stato negato l'accesso a specifici documenti dell'SPLA. L'ambasciatore del Sud Sudan negli Stati Uniti ha commentato che nelle ultime settimane le forze militari sono state soggette a pesanti pressioni da parte dei gruppi ribelli: “Le nostre postazioni a Bentiu e nei pressi della città sono state bombardate dai ribelli, mentre noi abbiamo mantenuto la promessa del cessate il fuoco”.

Nelle ultime quattro settimane, il campo delle Nazioni Unite a Bentiu ha accolto più di 11.000 persone; il campo di Bentiu è il campo più grande presente in Sud Sudan, dove trovano rifugio più di 50.000 persone dall'inizio del 2014, in condizioni igienico-sanitarie pesantemente precarie. È il risultato di una guerra civile lunga 17 mesi della nazione più giovane del mondo. “Sono principalmente donne, vecchi e bambini”, spiegano dal campo, “dal momento che gli uomini sono costretti ad arruolarsi. C'è un flusso che va dalle 500 alle 1.000 persone in più ogni giorno, un ritmo che sta rendendo la disponibilità del campo insostenibile”.

Altro rischio imminente è l'approssimarsi della stagione delle piogge: ci sarebbe da spostare l'intero campo in un posto più sicuro, e bisogna farlo in fretta, dal momento che la stagione coincide con gli inizi del prossimo mese. Con l'inizio delle piogge l'anno scorso l'intero campo era diventato un luogo devastato da infezioni e epidemie. Non da meno le necessità sanitarie dei feriti che arrivano al campo, oltre alla carenza di acqua potabile che non riesce a soddisfare le esigenze di tutti. Inoltre, al di là del campo delle Nazioni Unite, non c'è posto per altre agenzie umanitarie: molte delle organizzazioni non-governative sono state costrette a lasciare le aree più a rischio, lasciando migliaia di persone senza acqua né cibo.

Foto / Fonte: aljazeera.com

Dino Buonaiuto