Cronaca
Strage in Afghanistan: muoiono 3 alpini di cui un pugliese, Marco Pedone
L’Afghanistan continua a fare strage. Un’imboscata, ieri mattina, avvenuta a Farah, a circa 200 km dal distretto di Gulistan, ha ucciso quattro alpini, di cui uno pugliese. Il suo nome è Marco Pedone, di soli 23 anni che, assieme ai primi caporalmaggiori Vannozzi (26 anni), Manca (32), Ville (27) del settimo Reggimento di Belluno, si è trovato vittima della trappola dei guerriglieri talebani. [MORE]
Gli italiani viaggiavano su un veicolo tattico,un fuoristrada militare, il Lince, dotato di un sistema di avviso per bombe telecomandate. L’avviso, però, non c’era stato e gli italiani hanno proseguito. Il Ministro della Difesa Ignazio Larussa ha spiegato come i dissuasori elettronici non sempre sono validi, perché esistono ordigni attivati a pressione irriconoscibili dai mezzi blindati. Alle 09:45 locali i militari italiani, su una trentina di blindati Lince, procedevano scortando un convoglio di camion civili. Questi ultimi trasportavano tutto ciò che era necessario per l’allestimento della base operativa di Gulistan, chiamata <<Ice>>. Il convoglio dei 70 camion viaggiava indisturbato fino a che non è stato attaccato da colpi di arma da fuoco. Di lì è cominciato un violento combattimento. L’assalto, molto probabilmente, ha deviato i militari verso la zona in cui si nascondeva l’ordigno. Non il solo, forse, visto che si presume ce ne fossero altri sistemati sulla strada. Sulla potenza degli ordigni si è espresso l’ex generale del Genio Fernando Termentini: avrebbe potuto trattarsi di un ordigno rudimentale con una carica di potenza superiore ai cento chilogrammi che ha lanciato tutto in aria, assieme ai quattro militari che hanno perso la vita. Soltanto lunedì prossimo le salme giungeranno in Italia per il rito funebre in Capitale, prima di permettere le celebrazioni in ogni paese di appartenenza durante la prossima settimana.
La procura di Roma, disponendo un’inchiesta, ha richiesto un’autopsia preventiva di routine. Il presentimento del caporalmaggiore era giusto quindi: troppo pericolosa la zona, troppo alto il rischio. Ora, contando, siamo a nove vittime pugliesi e un lucano, dall’inizio della missione Isaf. 34, il numero complessivo dei deceduti in Afghanistan dal lontano 2004. È ora che la politica nazionale si metta una mano sulla coscienza per capire se far questa missione valga la pena o meno (n’è mai valsa veramente la pena?). Il suicidio di un militare tra gli altri fa capire come questa non sia una missione, ma una trappola della morte.