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Spose bambine - Too Young to Wed

 NEW YORK, 8 NOVEMBRE 2012 - Proseguirà fino al 29 novembre la mostra fotografica “Too Young to Wed” (“Troppo giovane per sposarsi”) di Stephanie Sinclair, presso il Palazzo dell’Onu a New York, inaugurata lo scorso 11 ottobre in occasione della prima Giornata mondiale delle bambine, indetta dall’Onu in collaborazione con l’Unicef e altri partner, con lo slogan rivolto alle varie nazioni “La mia vita, il mio diritto, la Fine dei Matrimoni precoci”. [MORE]
  Gli sguardi smarriti delle bambine immortalate dalla Sinclair - fotografa freelance, già vincitrice di prestigiosi premi tra cui un Pulitzer e tre World Press Photo, di cui uno per questo reportage – parlano di infanzia negata, di violenze perpetrate fra le mura domestiche, soffocate da strati e strati di veli, che ora quest’importante denuncia internazionale si propone di strappare.
  La nota fotografa, con alle spalle una laurea in giornalismo, per le 34 foto della mostra, ha indagato per nove anni fra Afghanistan, Nepal, India, Yemen ed Etiopia, cinque Paesi in cui è particolarmente diffusa la pratica aberrante delle unioni coniugali precoci, raccogliendo testimonianze direttamente dalle interessate, andando – come ha dichiarato – “alle origini di tanto strazio”, osservando però il massimo rispetto (i suoi scatti sono stati autorizzati).
  Secondo le più recenti stime dell’Unicef “70 milioni di giovani donne tra i 20 e i 24 anni – circa una su tre – si sono sposate prima dei 18 anni: di queste 23 milioni si sono sposate prima di aver compiuto 15 anni. A livello globale, quasi 400 milioni di donne di età compresa tra 20-49 anni- oltre il 40%, del totale- si sono sposate bambine”.
  In almeno una cinquantina di Paesi del mondo – con al vertice della classifica l’India, il Nepal, il Mozambico, il Nicaragua, l’Etiopia – vengono celebrati anzi tempo i matrimoni delle spose bambine, trascendendo i limiti d’età, un fenomeno non propriamente legale ma assolto dalla tradizione. Specie tra le classi meno abbienti e nelle zone rurali, una famiglia arriva a consegnare ad un uomo spesso troppo maturo, la propria bambina, a volte ancora in età prepuberale - frequenti i casi di bambine sotto i 15 anni, addirittura di sei o sette anni, nell’età in cui la sola preoccupazione dovrebbe essere lo studio o il gioco –, per ragioni economiche, quando non legate all’onore della famiglia o della stessa figlia.
  Le conseguenze sono devastanti, non solo sulla psiche delle vittime. In base alla relazione dell’Unicef, ogni anno 50.000 ragazze fra i 15 e i 19 anni muoiono in tutto il mondo a causa di gravidanze precoci o di parto. Un altro rischio allarmante, è la possibilità di contrarre l’AIDS e altre malattie a trasmissione sessuale.
 La proclamazione della prima giornata internazionale in difesa delle bambine, rappresenta, per le organizzazioni attive nel settore dei diritti umani, una tappa fondamentale per la presa di coscienza di una realtà drammatica e per accelerarne la restrizione attraverso una mirata attività di sensibilizzazione, promotrice di un cambiamento socio-culturale, imprescindibile da quello giuridico. Non è estranea al triste fenomeno dei matrimoni forzati la civile Europa e la stessa Italia, dove però mancano stime ufficiali.
  Simbolo della battaglia per i diritti delle donne e dei bambini (perché ad essere in discussione non è solo il futuro delle bambine: pur in minoranza sono stati registrati dei casi di sposi-bambini), è diventata Nojoud Ali, ritratta all’età di 10 anni da Stephanie Sinclair in un villaggio sperduto dello Yemen, intenta a giocare con il suo velo rosso, spensieratamente e con aria di trionfo.  La storia di questa bambina– stuprata e picchiata dal marito, un trentenne che il padre le aveva costretto a sposare, riuscita alla fine a scappare dalla sua casa-prigione e a rivolgersi al tribunale di Sana’a, ottenendo nel 2008 il divorzio – ha fatto il giro del mondo scuotendo l’opinione pubblica, al punto da indurre il Parlamento yemenita a esaminare una nuova legge per la fissazione di un’età minima per il matrimonio.
  Questa piccola Sherazade ha dato voce a tante altre bambine che come lei scontano un’ingiustizia, il più delle volte silente, impunita. La sua storia, scritta con l’aiuto della giornalista franco-iraniana Delphine Minoui, è diventata un singolare bestseller tradotto in 15 lingue,  pubblicato in Italia da Piemme nel 2009, intitolato “Io, Nojoud, dieci anni, divorziata”.

 (Fonti: Too Young to Wed e Redattore Sociale)


 Domenico Carelli