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"Django Unchained": Spike Lee Vs. Quentin Tarantino
NAPOLI, 27 DICEMBRE 2012 - I film del maestro del pulp Quentin Tarantino sono destinati a far discutere.
Questa volta, ad essere preso di mira è il suo ultimo film, lo “spaghetti western” che strizza l’occhio al cinema di Sergio Leone, intitolato Django Unchained, in arrivo da noi il prossimo 17 gennaio.
Dopo essere stato accusato di eccessiva violenza, adesso si becca anche un “cartellino giallo” a causa della superficialità con cui affronta lo scottante tema della schiavitù afroamericana.
A toccare questo tasto dolente, è il regista Spike Lee, al quale, lo si vede dai suoi lavori, sta molto a cuore la difesa della comunità afroamericana e la salvaguardia dei suoi diritti.[MORE]
Il regista di Malcolm X e Fa' la cosa giusta, infatti, ha dichiarato pubblicamente che boicotterà l’ultimo film di Tarantino e a questa decisione ha aggiunto: <<Non posso parlare dello specifico del film, perché non l'ho visto e non andrò a vederlo. Tutto ciò che posso dire è che il film manca di rispetto ai miei antenati. Ovviamente parlo per me. Non sto rappresentando nessun altro>> .
Le polemiche scaturite dal regista sempre “arrabbiato” come i suoi film, sono continuate, successivamente, sul social network Twitter, sul quale Lee ha postato alcune parole che spiegano chiaramente la sua posizione: <<La schiavitù americana non è uno spaghetti western di Sergio Leone. E' stato un olocausto. I miei antenati erano schiavi portati via dall'Africa. Io li onorerò>> .
Va sottolineato inoltre, che non è la prima volta che Spike Lee attacca un film di Quentin Tarantino, anche Jackie Brown (1997) fu preso di mira dal regista a causa dell’eccessiva ripetizione del dispregiativo “nigger” (negro).
Tale risentimento, infatti, lo spinse, ad affermare parole amare a proposito del collega, Tarantino: <<Ho un problema con l'uso eccessivo della parola “n” che Tarantino fa. Non ho mai detto che non la possa usare, l'ho usata anche io in molti dei miei film, ma credo che lui abbia qualcosa che non va >>.
Alla luce di questi fatti una domanda nasce spontanea: Quentin Tarantino ha davvero “qualcosa che non va” o sono gli spettatori, a volte, che non riescono a comprenderlo appieno?
Tarantino ha basato la sua carriera cinematografica sul genere pulp, un genere nel quale copioni “scomodi”, scene grottesche, e parolacce a profusione sono la linfa vitale delle sue pellicole.
Il regista di Pulp Fiction e Le Iene non è e non mira ad essere, dunque, un documentarista, né tantomeno uno storico, lui sfrutta periodi storici, ambientazioni ed epoche per costruirci all’interno storie che al di là della loro complessità e della loro semplicità, regalano al pubblico scene, spesse volte violente, sanguinarie e politicamente scorrette con l’unico scopo di divertire il pubblico, spingendolo “pulpamente” a non prendere troppo sul serio tutto quello che vede sul grande schermo.
Con Django Unchained, ”l’ incompreso Tarantino” ha realizzato un sogno che aveva nel cassetto da molto tempo, quello di realizzare un western, che fosse perfettamente in linea col genere cinematografico che lo ha consacrato.
Dunque potremmo azzardare a dire che, indipendentemente dalle critiche costruttive o demolitrici che ne verranno fuori, Django Unchained non è un film sulla schiavitù afroamericana, è un film di Quentin Tarantino (a buon intenditor poche parole).
Dopotutto ce lo ha ripetuto centinaia di volte il buon vecchio Quentin, il suo cinema o lo si ama o lo si odia; e se lo amate, andate a vedere Django Unchained.
Marcella Cerciello [ www.cinemarcy.blogspot.com ]