InfoOggi Cinema

SPECIALE CHAPLIN: I tempi (sempre) moderni della felicità

NAPOLI, 15 APRILE – Un omino che gioca fra gli ingranaggi che ci hanno spoetizzato la vita e li trasforma in versi con una risata. Le immagini di Sir Charles Spencer Chaplin, in arte Charlot, sono tatuaggi dell’immaginario. Il malinconico vagabondo che siede accanto al piccolo monello, il sorridente mangiatore di scarpe, il simpatico dittatore che prende a calci un mondo gonfiabile. E poi c’è l’operaio, alienato ma divertito, che tira leve a casaccio sorridendo e scalciando. La vittima dei Tempi Moderni. [MORE]
122 anni dalla sua nascita – come Google giustamente ci ricorda - e Charlie Chaplin non ha smesso di sgusciare fra le ruote del tempo. Il suo puro sguardo d’infante rinato nell’adulto affascina, coinvolge, spiega. Una forza rappresentativa immensa, per dirla con Roland Barthes, che non perde un sol colpo lungo l’incredibilmente ricco percorso della sua filmografia.
Tempi Moderni si fa specchio di quell’universalità, formale e tematica, che contraddistingue il personaggio-Charlot – ed anche l’uomo. Mostra l’ingenuo sociale, il vinto inconsapevole, trascinato dalle masse come dall’avanzare forsennato di un gregge. Acrobata dietro e davanti la macchina da presa, pattinatore e ballerino, Chaplin danza scherzosamente con le enormi angosce del nostro secolo, ferendoci in maniera sottile. Perché ce le fa vedere e poi ci ride su. Ma non sdrammatizza, ovviamente no. Il suo riso, come tutti quelli dotati di sincerità, proviene dalla conoscenza profonda della miseria, del lato in ombra dell’esistenza. Così bambinescamente esplicato, il mondo è denudato, spogliato delle finzioni. Puramente crudele. Ma crudele non è e non vuole essere Chaplin – l’attore, il regista, la persona. "Sorridi” – dice alla monella in lacrime sul ciglio della strada – “ce la caveremo”. La sua non è speranza, perché ogni illusione è trappola per i deboli – direbbe il compianto Monicelli.
Nel celebre finale di Modern Times, mentre il carrello ci porta a guardare prima i volti dei due amanti coraggiosi e poi l’orizzonte bagnato di luce, c’è un eros squisitamente platonico, uno slancio, un desiderio. E’ la proiezione verso il bene, verso ciò che è meglio e ciò che è giusto. E’ La Strada - la propria, di tutti - che va scelta e percorsa resistendo agli urti. Senza un solo giorno perduto nella tristezza. Così, dopo il riso amaro, Chaplin rivela il suo inimitabile talento: regalare un secondo sorriso, più maturo, più intimo, sinceramente felice.

FRANCESCA FICHERA