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Sochi 2014: la cerimonia di inaugurazione tra spettacolo, proteste e gaffe
SOCHI, 8 FEBBRAIO 2014 – Con le leggende del pattinaggio e dell'hockey Irina Rodnina e Vladislav Tretyak che accendoino insieme il tripode si sono aperte ufficialmente le XXII Olimpiadi Invernali, al termine di una cerimonia d'apertura che ha contato 40mila spettatori.
Cominciata alle 20.14 (ora locale), si sono susseguiti tredici scene tra illusione e storia, tra realtà e fiaba, molto orgoglio a tinte russe per dire al mondo che la potenza di un tempo è tornata. Fuori le polemiche, dentro Lubov, l'amore nelle vesti bianche di una bimba, e poi ancora la guerra e la pace tolstoiana, e il piccolo mondo della neve e del ghiaccio che si è dato appuntamento a Sochi, città di mare con i monti alle spalle, per ripetere come ogni quattro anni il rito olimpico. Quello dell'inverno, nello stadio Fisht, davanti agli occhi umidi di pianto, per le note dell'inno di casa, del demiurgo di questa kermesse, Vladimir Putin che si è ripreso i Giochi dopo quelli estivi e dimezzati dal boicottaggio di Mosca '80.
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A sfidare il grande capo che ha bandito la parola omosessuale, vietato la propaganda gay e per questo si è tirato dietro l'ira di mezzo mondo, ci sono i tedeschi: nessun cartello, nessun gesto, ma la divisa rainbow omaggio all'arcobaleno simbolo dell'orgoglio omosessuale. Un'affermazione silenziosa dalla numerosa delegazione tedesca che in tribuna non aveva la cancelliera Angela Merkel, assente come altri colleghi europei e non solo in polemica proprio con la politica reazionaria in materia di diritti civili di Putin: i campioni con le tute a strisce verdi, gialle, azzurre e i pantaloni arancio hanno composto, sfilando, un'enorme bandiera.
Poi però la Russia di Putin prende in contropiede tutti proprio sul contestato terreno gay e accompagna la sfilata della squadra con una provocatoria canzone del popolare duo femminile Tatù (Lena Katina e Julija Volkova) finite sotto i riflettori per un bacio saffico a un vecchio Festivalbar: le due cantanti hanno sempre smentito la relazione omosessuale, ma il gossip si è autoalimentato con video e canzoni a tema. Il pezzo si chiama "Nas ne dogoniat", "Non ci raggiungeranno" che lo squadrone russo ha voluto lanciare come sfida agli avversari di neve e ghiaccio.
Ha preso piede una sfilata in cui c'è spazio per l'ovazione ai tre atleti del Venezuela dell'amico Chavez scomparso, per i bermuda poco invernali della mini squadra delle Bermuda, per l'arancio dell'Olanda.
Per gli Azzurri è Armin Zoeggeler a portare il tricolore non senza emozione, con alle spalle tutti gli atleti. Per il portabandiera è la sesta Olimpiade, e nelle cinque edizioni precedenti ha sempre conquistato una medaglia. Molto eleganti i nostri atleti presenti alla cerimonia, che hanno sfilato con il vestito blu, disegnato da Armani. In tribuna, vestito con la giacca degli azzurri, Enrico Letta, sbarcato a Sochi tra le polemiche per una presenza che in molti in Italia hanno contestato, a salutare la squadra tricolore.
Unico intoppo durante la cerimonia sono i cerchi comparsi come un'epifania dal cielo: stelle di ghiaccio, ma solo quattro si schiudono e l'immagine simbolo dell'olimpismo resta monca. Gaffe o scelta voluta non è dato a noi saperlo. Non toglie nulla alla grandeur di questa cerimonia che svela solo alla fine il Prometeo, che si sdoppia: dopo una staffetta quasi tutta rosa e russa, con Maria Sharapova e Ielena Isimbaieva, regina del tennis e dell'asta, ma anche Alina Kabaieva, presunta premier lady d'ombra ed ex ginnasta, che accompagnano la fiaccola nelle mani di Vladislav Tretiak portiere di hockey e Irina Rodnina, campionessa di pattinaggio sul ghiaccio.
Il presidente del Cio, Thomas Bach, chiede la tregua dopo tante polemiche: "Olimpiadi siano esempio di armonia e tolleranza". Putin ha già preso la parola, ed è lui a dichiarare aperti i Giochi.
Michela Franzone