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DAMASCO, 14 GIUGNO – Sarebbero almeno 1.109 i civili uccisi nella provincia di Idlib, nella Siria nordoccidentale, tra il maggio 2017 ed il maggio 2018. A diffondere le cifre è stata la Rete siriana per i diritti umani, una Organizzazione non governativa con sede nel Regno Unito, che raccoglie dati sul conflitto.[MORE]
Stando ai numeri, almeno 255 bambini e 209 donne avrebbero perso la vita negli oltre 230 raid aerei effettuati nella regione. Non solo bombe ordinarie, ma anche una ventina di attacchi con munizioni a grappolo e quasi altrettanti con bombe incendiarie, nonché oltre 700 barili bomba: questa la portata dell’offensiva lanciata dal regime siriano nell’area.
Idlib rientra nelle zone di de-escalation individuate da Siria, Russia ed Iran nel corso dei summit di Astana, ed attualmente è vietato effettuare raid aerei sulla provincia. A capo dell’area, la più grande tra quelle non controllate dal regime o da ribelli filo-occidentali, c'è il movimento islamico Hayat al-Shaam, per buona parte costituito da uomini che hanno combattuto in passato tra le fila di al-Qaeda in Siria.
Nella giornata di lunedì, l’ONU ha espresso la propria preoccupazione per l’intensificarsi dei combattimenti, in considerazione del fatto che ad Idlib sono oltre 2 milioni e mezzo i civili che non hanno altro luogo dove trovare protezione. Domenica scorsa, invece, il segretario generale delle Nazioni Unite, Guterres, ha chiesto un’indagine sull’attacco aereo ad un villaggio nel nord dell’area, che avrebbe mietuto vittime anche tra i soccorritori.
E intanto, nella mattinata di oggi, Bashar al-Assad ha fatto sapere che il governo di Damasco è ancora disponibile a trovare una soluzione politica con i gruppi armati impegnati nel sud ovest del paese, pur ribadendo di essere pronto, se necessario, al ricorrere all’uso della forza. L’area è particolarmente sensibile, data la sua vicinanza alle alture del Golan, territorio annesso unilateralmente da Israele ed oggetto di contesa con la Siria.
Paolo Fernandes
Foto: sputniknews.com