Siria, l'esercito entra ad Hama. Amnesty denuncia repressioni e morti in carcere
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Siria, l'esercito entra ad Hama. Amnesty denuncia repressioni e morti in carcere

mercoledì 31 agosto, 2011

DAMASCO, 31 AGOSTO 2011 - Gli attivisti oppositori del regime di Bashar Al-Assad hanno diffuso questa mattina la notizia dell'ingresso dell'esercito siriano ad Hama. Le truppe siriane, protette dai carrarmati, sarebbero entrate nelle scorse ore nella città simbolo della protesta contro il governo e avrebbero copiuto una serie di raid nelle abitazioni alla ricerca degli oppositori.[MORE]

Secondo le testimonianze degli attivisti, sono entrati “centinaia di soldati a piedi nei quartieri di Al Qusour e Hamdiya. Poi si sono sentiti degli spari”. Nelle stesse ore un'altra denuncia delle repressioni compiute dal governo siriano arriva dall'organizzazione umanitaria Amnesty International, la quale questa mattina ha diffuso un nuovo rapporto che documenta, sulla base di interviste, immagini e filmati forniti dai parenti di alcune vittime, l'aumento di torture, pestaggi e morti all'interno delle carceri siriane.

Negli ultimi cinque mesi, cioè dall'avvio delle repressioni contro i manifestanti anti-regime, sono almeno 88 i morti in carcere (prima dello scoppio della rivolta, la media era di 5 morti l'anno), “tutti di sesso maschile”, compresi “anche minorenni, alcuni dei quali di 13 anni di età”. Tutti e 88 erano stati arrestati perché attivisti o sospettati di aver preso parte alle rivolte.

Per almeno 52 di loro le morti sono avvenute in seguito a torture e maltrattamenti. Dalle fotografie, fornite dai parenti delle vittime, Amnesty, con la consulenza di medici legali indipendenti, ha riscontrato la presenza di violenze durissime: “Tra i segni della tortura – si legge nel comunicato di presentazione del rapporto - vi erano quelli di bruciature, frustate, schiaffi e percosse” .

Tra le vittime anche un ragazzino di appena 13 anni, Hamza Ali al-Khateeb, scomparso il 29 aprile durante le proteste di Dera'a. Sul suo corpo, ritrovato senza vita, “segni di percosse e il pene mozzato”. Un'altra vittima, il dottor Sakher Hallak – il quale dirigeva una clinica per disturbi alimentari – è stata ritrovata “sul ciglio di una strada pochi giorni dopo il suo arresto, avvenuto il 25 maggio. Il suo corpo presentava segni di fratture alle costole, alle braccia e alle dita; gli era stato cavato un occhio e tagliati i genitali”.

Sono solo alcune delle testimonianze raccolte da Amnesty nel rapporto Deadly detention: Deaths in custody amid popular protest in Syria, diffuso questa mattina dall'organizzazione umanitaria, che vanno ad aggiugersi alle migliaia di morti per le repressioni delle rivolte. Amnesty già da tempo ha richiesto al Consiglio di Sicurezza dell'Onu di imporre un embargo sulle armi, di congelare i patrimoni di Bashar Al-Assad e di portare il caso della Siria dinanzi alla Corte Penale Internazionale. Per sollecitare l'Onu ad intervenire in questa direzione, Amnesty ha anche diffuso un appello, che può essere letto e sottoscritto a questo indirizzo.

"Nel contesto delle violazioni massicce e sistematiche che stanno avendo corso in Siria - ha sostenuto Neil Sammonds, esperto di Amnesty International sulla Siria - riteniamo che queste morti in prigione possano costituire crimini contro l'umanità. La reazione del Consiglio di sicurezza è stata sinora profondamente inadeguata, ma non è troppo tardi per intraprendere un'azione ferma e giuridicamente vincolante nei confronti della Siria" .

Serena Casu


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