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Siria, la bufala dell'attacco chimico raccontata da un bambino siriano

DOUMA (SIRIA), 19 APRILE - Nelle ore in cui gli specialisti dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW) entravano a Douma per le eventuali rilevazioni, il canale televisivo Russia 24 mandava in onda l’intervista esclusiva di Evgeny Poddubnyy, reporter di guerra, ad un ragazzino siriano divenuto uno dei protagonisti in video del presunto attacco chimico. [MORE]

Si chiama Hassan Diab, ha 11 anni ed è di Douma, nel Ghouta orientale, teatro degli ultimi sforzi militari dei governativi contro i miliziani islamisti di Jaysh Al-Islam. Vivo e vegeto, ha voluto raccontare all’emittente russa come si sono svolti realmente i fatti in quel fatidico 7 aprile scorso, giorno in cui l’ong ‘White Helmets’ diffuse la notizia di un attacco chimico da parte delle truppe di Assad. “Manda i suoi saluti a tutti coloro che sono così preoccupati per le vittime di Douma”, riporta il giornalista.

“Eravamo nel seminterrato – dichiara Hassan -. Mamma mi ha detto che per oggi non avremmo mangiato ma solo domani. Abbiamo sentito delle urla in strada; gridavano: ‘correte in ospedale’. Siamo andati in ospedale, e non appena sono entrato mi hanno afferrato (i White Helmets, ndr) e hanno cominciato a versarmi dell’acqua addosso. Dopo ci hanno messi a letto insieme ad altre persone".

È un attimo: lui ed altre persone diventano le inconsapevoli vittime del gioco sporco degli Elmetti Bianchi, noti fiancheggiatori dei terroristi. Le riprese dei soccorsi (gli imponenti getti d’acqua, ndr) finiscono sul web come testimonianza di un’avvenuta aggressione con agenti chimici da parte del governo di Damasco. In quegli istanti, né Hassan né gli altri necessitavano di cure mediche ma, loro malgrado, finiscono tra quei pretestuosi fotogrammi.

La testimonianza del padre ne avvalora la versione e vi aggiunge alcuni particolari utili a comprendere la messinscena. “Quando ho scoperto che mio figlio era in ospedale, ho lasciato il lavoro e mi sono diretto proprio lì. Non c'erano armi chimiche. Ho fumato per strada, non si sentiva niente. Sono arrivato in ospedale e ho trovato la mia famiglia. I militanti ci hanno dato datteri, biscotti e riso per aver partecipato alle riprese, e poi tutti sono stati mandati a casa”, confessa. “Mio figlio stava bene”, rimarca.

Appena sette giorni dopo, nella notte tra il 13 ed il 14 aprile, il lancio di un attacco missilistico su alcuni edifici governativi da parte della Coalizione anglo-franco-americana.

Cristian D'Aiello