Politica

Manovra, sì al licenziamento con il consenso dei sindacati

ROMA, 05 SETTEMBRE 2011 - Alla vigilia dello sciopero generale indetto dalla Cgil, la discussione intorno alla manovra diventa sempre più accesa per via dell'approvazione di alcuni emendamenti riguardanti l'Articolo 8 che stabiliscono che gli accordi aziendali, inclusi i licenziamenti, possono derogare da leggi e contratti nazionale.[MORE]

Sul sito del Senato, alla pagina che interessa il testo della manovra, si può leggere: «Fermo restando il rispetto della Costituzione, nonché i vincoli derivanti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro, le specifiche intese di cui al comma 1 operano anche in deroga alle disposizioni di legge che disciplinano le materie richiamate dal comma 2 ed alle relative regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro.»

Tra le materie per le quali è possibile la deroga dalla legge e dai contratti nazionale c'è anche il licenziamento. Nel testo si ribadisce il rispetto per la Costituzione, per i vincoli derivanti dalle convenzioni internazionali sul lavoro, dalle norme Ue e per i diritti delle lavoratrici, tutelate dal licenziamento in caso di maternità, matrimonio, adozione o affidamento. Il relatore Antonio Azzolini firma un altro emendamento che fa implicito riferimento all'accordo sindacale del 28 giugno scorso, precisando che l'efficacia delle intese sottoscritte a livello aziendale o territoriale riguarda «tutti i lavoratori interessati a condizione di essere sottoscritte sulla base di un criterio maggioritario relative alle predette rappresentanze sindacali».

Diverse sono le reazioni dai sindacati. Ottimista e rassicurante è il segretario confederale della Uil, Paolo Pirani: «Con l'articolo 8 si recepisce l'accordo interconfederale di giugno e, con l'emendamento anche da noi sollecitato, si evita la costituzione di sindacati di comodo». Sottolinea inoltre che «rischi per la Costituzione, già paventati a seguito dell'accordo di Pomigliano, non ce ne sono stati nè ce ne saranno». Molto critica è il segretario della Cgil, Susanna Camusso: «Le modifiche della maggioranza di Governo all’articolo 8 indicano la volontà di annullare il contratto collettivo nazionale di lavoro e di cancellare lo Statuto dei Lavoratori e non solo l’articolo 18, in violazione dell’articolo 39 della Costituzione e di tutti i principi di eguaglianza sul lavoro che la Costituzione stessa richiama». Un attacco senza riserve al segretario della Cgil viene dal leader della Cisl, Raffaele Bonanni, che accusa la Camusso di creare scissioni e animosità tra i sindacati: «Se il governo divide, Camusso sta facendo molto di più del governo, il doppio, per divedere il sindacato».
Il Comitato di Confindustria si esprime invece in questi termini: «Apprezziamo che nell’articolo della manovra sia stato introdotto il principio della validità erga omnes dei contratti aziendali stipulati a maggioranza con le rappresentanze sindacali. Riteniamo che questo articolo non sia in contrasto con l’accordo interconfederale del 28 giugno che, in ogni caso, rimane per noi riferimento assolutamente essenziale delle relazioni industriali»

Il senatore del Pd Achille Passoni, membro della Commissione del lavoro, dichiara che «Le modifiche che la maggioranza apporta al testo dell’articolo 8 dimostrano in modo lampante che il Pd avesse ampiamente ragione a denunciare la portata devastante di questo articolo che è una vera e propria destrutturazione del diritto del lavoro, a partire dalla possibile cancellazione in un contratto aziendale dell’ articolo 18 della Statuto dei lavoratori - una pura follia giuridica e politica -per arrivare alla messa in discussione di altri diritti fissati per Legge, Costituzione e convenzioni internazionali comprese».
Maurizio Sacconi, Ministro del Lavoro, difende le modifiche all’articolo 8 della manovra: «Non ha senso parlare di libertà di licenziare o usare altre semplificazioni che non corrispondono, neppure lontanamente, alla oggettività della norma».

Dichiarazioni durissime vengono da Antonio Di Pietro, leader dell'Idv, e da Maurizio Zippone, responsabile welfare del partito: «L'Italia dei Valori ha sempre sostenuto e continua a sostenere che questa norma sul lavoro non c'entra nulla con il pareggio di bilancio, in quanto quest'intervento non ha ritorni di tipo economico. Il fatto di aver voluto questa norma rende ormai esplicito l'odio con cui questo governo si rivolge al mondo del lavoro pubblico e privato, mentre difende con le unghie e con i denti tutti i privilegi di chi mai ha pagato. Tutte le opposizioni dovrebbero fare fronte comune contro questo attacco al cuore della democrazia italiana. Questa maggioranza sta togliendo dalla manovra qualsiasi tentativo di colpire la casta, i costi della politica e i privilegi, concentrando il peso dei sacrifici sempre di più sulla povera gente e sul sistema economico esposto alla concorrenza».

La manovra, approvata dalla Commissione Bilancio del Senato, approderà martedì al Senato. L'Assemblea ha tempo fino a sabato, poi la manovra passerà al vaglio della Camera.

Monia Sofia