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Senza lasciare traccia, intervista al regista Gianclaudio Cappai: "Un viaggio oscuro con Riondino"

Senza lasciare traccia del cagliaritano Gianclaudio Cappai, uscito nelle sale italiane il 14 aprile, ha schierato un cast di tutto rispetto nonostante fosse un'opera d'esordio: MIchele Riondino, Vitaliano Trevisan e Valentina Cervi, tra gli altri. Racconta una storia drammatica in un crescendo d'inquietudini e verità dissotterrate. Ne abbiamo parlato col regista, che ci ha portato dietro le quinte del suo film.


ANTONIO MAIORINO: La trama di questo film vede il protagonista Bruno (Michele Riondino) gravemente malato. C’è una tendenza da parte dei critici a categorizzare tutto: quando c’è un personaggio che sta male, ci si butta subito sulla definizione di cancer movie. Nel caso di Senza lasciare traccia, però, la questione è più complesso. Hai parlato della malattia come di uno “specchio di un male più oscuro”. In che senso?

GIANCLAUDIO CAPPAI: Hai detto bene. La malattia che il protagonista si ritrova ad avere è effetto di un segreto che ha tenuto per molti anni, parole non dette per troppi anni, per vergogna: un dolore lancinante interno. Si accorge che questa malattia è collegata ad un fatto traumatico della propria infanzia. Vista l’ossessione che l’ha sempre tenuto in scacco, chiede un risarcimento psicologico. Ritorna nel posto dove è avvenuto in passato questo fatto, non per vendicarsi, ma per trovare un capro espiatorio e sfogare la rabbia dovuta alle troppe parole non dette. Sono molto d’accordo con quanto dicevi: non è solo un uomo malato, il discorso è più profondo.

A.M: proviamo a fare un trailer verbale di Senza lasciare traccia, ma ancora una volta senza cadere nelle schematizzazioni della critica, che tende ad intrappolare i film nei generi. Qualcuno ha parlato di film drammatico, di incursioni nel noir, di citazioni da La casa dalle finestre che ridono di Pupi Avati. Al di là, dunque, di generi e riferimenti, come racconteresti il tono, l’umore del tuo film?

G.C: il film l’ho definito come un viaggio nella parte oscura che abbiamo tutti noi e che sappiamo esistere, ma di cui abbiamo paura di ammettere l’esistenza, e quando dobbiamo farci i conti abbiamo timore della nostra reazione, non sappiamo se riusciremo a fronteggiare questo lato oscuro. Senza lasciare traccia è un viaggio non solo per il protagonista, ma anche per gli altri personaggi, in quella fase oscura che ci può portare a fare cose di cui non siamo consapevoli. Tutto questo va di pari passo con una trama drammaturgica molto forte, con una tensione che cresce fino a…. non posso svelarlo! [MORE]

A.M: quando si deve evocare qualcosa di intangibile e fortemente legato ad una struttura drammaturgica, è molto importante che il regista riesca a trovare una sorta di alchimia con il cast. Cos’hai voluto tirar fuori da Michele Riondino, Valentina Cervi, Vitaliano Trevisan ed Elena Radonicich?

G.C: sono stato molto fortunato ad avere un quartetto d’attori di questo tipo perché per un’opera d’esordio non è affatto scontato. Ho iniziato la lavorazione del film in uno stato d’ebbrezza, ma molto fiducioso, per il materiale umano ed artistico molto vado. La questione è semplice nel rapporto con gli attori: cerco di creare subito un clima di fiducia e li lascio molto liberi all’interno di una via di cui però metto i limiti. Ho visto in Michele Riondino, il protagonista, una grande voglia di sperimentare ciò che forse in altri progetti non può scandagliare. L’ho lasciato libero all’interno dei paletti che gli avevo messo, un po’ come fanno gli entomologi che mettono gli insetti in una scatola e vedono come si muove, ma l’insetto può andare dove vuole.

Con Vitaliano Trevisan, che è un grande scrittore prestato al cinema, è stato altrettanto straordinario, perché lui è un grandissimo nel recitare nel vero senso del termine, nei tempi delle battute: dà grandissima importanza al testo con una resa scenica sbalorditiva.

STEFANIA CAVOTTA: alla base della riuscita di un film c’è proprio il giusto rapporto tra regia e cast.

G.C: si crea anche una discreta intimità tra attori e regista in due mesi. La difficoltà maggiore che si crea in un’opera d’esordio è quella di tenere alto il filo rosso di una linea che l’attore deve dare al suo personaggio. Io cerco sempre di avere la fiducia agli attori, anche di coccolarli e di proteggerli, perché se li perdi, il film perde la bussola. L’energia di un film, soprattutto quella di un film dove c’è protagonista personaggio come quello di Michele Riondino, deve essere costante e calibrata. È un lavoro molto complesso, ma se si crea il mood e l’empatia giusta, anche a livello umano poi l’attore ti stupisce e fa delle cose che sulla carta non hai pensato. La performance di un attore ti dà quel quid in più rispetto a come tu hai scritto la parte, ed è quella la magia degli attori, sennò non ci sarebbe gusto nel trovarli.

A.M: Alludevi al tuo esordio, ma tecnicamente lo è nel lungometraggio. Già nel 2006 ci fu il cortometraggio Purchè lo senta sepolto, poi nel 2009 il mediometraggio So che c’è un uomo… sembra quasi un’espansione in termini minutaggio. La domanda, apparentemente banale, è se nello scalare di formato dal corto al lungometraggio, hai trovato che il processo di creazione di un film subisca dei cambiamenti significativi.

G.C: Sono stati tre scalini progressivi. Senza So che c’è un uomo non sarei mai arrivato a fare questo film, quella è stata la prova generale che mi ha dato l possibilità di essere tranquillo nell’affrontare questo lungometraggio, poi purtroppo ci sono stati tempi biblici, quasi normali, nel portare a termine tutto, che non sono dipesi solo da me.

DATA USCITA: 14 aprile 2016
GENERE: Drammatico
REGIA: Gianclaudio Cappai
CAST: Michele Riondino, Valentina Cervi, Vitaliano Trevisan, Elena Radonicich, Stefano Scherini, Giordano De Plano, Achille Brugnini, Luciano Curreli
SCENEGGIATURA: Gianclaudio Cappai, Lea Tafuri
MONTAGGIO: Alessio Doglione
MUSICHE: Teho Teardo
PRODUZIONE: Hirafilm, Lazio-Fondo Regionale per il Cinema e l'Audiovisivo, Lazio-Fondo Regionale per il Cinema e l'Audiovisivo
DISTRIBUZIONE: HiraFilm, Il Monello Film
PAESE: Italia
DURATA: 93 Min


(FONTE: intervista del 13-04-2016 curata da Antonio Maiorino e Stefania Cavotta nella rubrica Ti porto al cinema all'interno del programma L'attimo sfuggente su Radio Base; IMMAGINI: nella foto principale, dettaglio di manifesto del film Senza lasciare traccia; all'interno, Gianclaudio Cappai dietro la macchina da presa)

Antonio Maiorino