Editoriale

Se gli anziani non vanno mai in pensione perché cedergli anche il posto?

Roma, 17 AGOSTO 2011. – Naturalmente è un gioco di parole quello a cui da tempo siamo abituati. E come tutti i giochi di parole, dietro lo scherzo ci sono domande e talvolta anche provocazioni. Si potrebbe infatti dire senza cadere nella retorica che se ne vedono esattamente di tutti i colori, fino al punto in cui se tutto e il contrario di tutto persiste inesorabilmente, alcune sensazioni come l’essere sorpresi o stupiti, non hanno più ragione d’esistere, neppure nei giochi di parole. [MORE]


Naturalmente è una provocazione, un gioco di parole, chiedersi se sia corretto o meno lasciare il posto agli anziani. L’armonia della coesione sociale si fonda infatti sull’educazione civica delle persone, pertanto nulla quaestio. Il problema quindi è un altro. Ossia quello degli anziani che non lasciano mai il posto.


In altre parole, dove sono quei percorsi complementari che permettono alle generazioni di fare ognuna il proprio sviluppo e la propria crescita, con pari dignità e senza che la famiglia sia un ammortizzatore sociale? Si è detto che i figli pagano gli errori dei padri e anche che i padri hanno il mondo in prestito dai propri figli. Nascondere la testa sotto la sabbia di fronte all’evidenza che almeno due generazioni di età compresa tra i 20 e i 40 anni, sono state tendenzialmente private delle prospettive promesse, significa superare l’errore umano e perseverare in modo diabolico in quell’errore.


Il fatto che la crisi economica di cui si parla sia tendenzialmente in cura presso coloro che non l’hanno impedita, è speculare al comportamento di chi, se l’anziano chiede il posto, si volta e guarda dall’altra parte. Così, quando l’estate sta finendo, sempre più grande sembra la distanza tra le generazioni, come se il vecchio saggio non esistesse più.
 

SAVERIO CARISTO