Fantasticherie del cuore
Salvare in fretta il tempio cadente della società odierna
La società che ci circonda è attraversata oggi da una miriade di situazioni allarmanti che sconvolgono l’opinione pubblica e mettono a dura prova da nord a sud la credibilità delle articolazioni istituzionali messe in piedi dall’uomo. Noi non entreremo nelle singole vicende, né cadremo nella tentazione di condannare o difendere qualcuno. Ci bastono le mille sentenze elencate ogni giorno da chiunque abbia una penna in mano o uno strumento di comunicazione. Il problema è che le cose si guardano solo dalla propria postazione, limitando di fatto il cuore dei ragionamenti e spostando l’asse di osservazione in una direzione spesso già prestabilita. Ma si vuole capire una volta per tutte che il problema va oltre la destra, la sinistra, il centro e le stesse incursioni giudiziarie che comunque devono svolgere la loro necessaria e legittima azione di legalità?
È l’uomo che non c’è più, perché ha perso la sua dimensione soprannaturale che solo una vera identità cristiana sa porre al servizio della tanta invocata giustizia sociale. C’è un cristiano smarrito, allineato, confuso, ormai frammento attivo di una società che parte solo da sé stessa e che al di là dei suoi rappresentanti di turno è destinata a cadere sempre più in basso. Tutto questo sarà più pesante se non si ritroveranno le ragioni complete dell’essere comunità cristiana, per le quali tra l’altro l’umanità ha scritto parte della sua storia, anche se di solito sconfessata pubblicamente da tante tristi vicende e discutibili comportamenti quotidiani. Purtroppo parlare di Cristo negli ambienti presidiati dall’uomo potente o meno è semplicemente da pazzi. Si rischia di essere derisi per l’eternità. Non serve per questo mettere in pista nuovi predicatori eccellenti per partecipare ai talk show e duellare con il pensiero corrente. Sarebbe a mio avviso uno spettacolo da barraccone!
È dentro di ognuno che va sollecitata la verifica, come chiede nei suoi interventi il pontefice, rimanendo nel posto occupato e rapportandolo ad una testimonianza attiva di quelle ragioni che il vangelo ha consegnato alla storia per salvare i cittadini del mondo. Ma è più facile fare come lo struzzo; nascondere la testa e poi agire per come si muove la comitiva quotidiana. Il crocifisso va così in cantina; la messa domenicale rimane al centro delle buone abitudini; i discorsi personali seguono la maggioranza comunque, compresa quella che si forma ogni giorno nei luoghi dove siamo chiamati a mostrare chi siamo e come siamo. Scrive il teologo con estrema chiarezza e senza parole annacquate dalla circostanza:
” Non si predica più Cristo, si predica l’uomo. Non si deve più accogliere Cristo, si deve accogliere l’uomo. Un tempo Paolo di Tarso insegnava che Cristo Crocifisso è scandalo per i Giudei e stoltezza per i Greci. Oggi invece Cristo Crocifisso è divenuto scandalo per gli stessi cristiani e stoltezza per quanti un tempo credevano in Lui. Cristo Gesù, che è la gloria eterna del Padre, la gloria eterna dell’umanità, la gloria eterna della Chiesa, è divenuto per il cristiano stoltezza, insipienza, scandalo. Da qui la decisione di non parlare più in suo nome. Neanche di parlare più in nome del Vangelo, della Parola, della verità soprannaturale, della giustizia rivelata. Oggi si deve parlare solo in nome dell’uomo”.
Mi auguro che ci sia una svolta. Parlare solo in nome dell’uomo aumenta la sfiducia; la solitudine sociale; la rabbia ingiustificata; la ricerca di una giustizia che soffre spesso per la inevitabile ingerenza umana; l’errore di un relativismo che tutto accoglie e giustifica. Ma continuando ad evitare per costume la Parola dalla nostra vita si rischia seriamente di rendere fragile e cadente il tempio della nostra realtà spirituale, nonché quello della realtà sociale-politica ed economica che ci attornia. Ognuno chiaramente è libero di pensare l’opposto, ma non è di certo un cristiano. Si abbia il coraggio di dirlo, senza per questo essere giustizieri o oltranzisti.
Richiamare con serenità ogni tipo di coerenza è sinonimo di amore nei confronti dell’altro e della comunità in cui si agisce. Chiude il teologo: “Dio non è con noi, perché noi non siamo con Lui. Lo attesta la sua profezia, che non viene dagli uomini, ma dalla storia. Il tempio che si smantella è potente profezia dalla quale partire se vogliamo far sì che la casa del Signore ritorni nel suo antico splendore”. È questa la strada sicura per salvare in fretta il tempio cadente della società odierna
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