Politica

Sallusti vuole il carcere: «Non ho chiesto i domiciliari». Ai giornalisti: «Siete degli infami»

ROMA, 27 NOVEMBRE 2012 - Difficile trovare qualcuno che si lamenti di essere ai domiciliari, quando poteva trascorrere la sua pena in carcere. Tuttavia, Alessandro Sallusti, direttore de Il Giornale condannato a 14 mesi di reclusione per diffamazione, non ci sta e urla a gran voce la sua versione. Non professa la sua innocenza, quanto piuttosto la sua estraneità alla decisione della magistratura di metterlo agli arresti domiciliari e non in carcere. Insomma, preferirebbe essere dietro le sbarre di una cella che dietro le mura dell'accogliente casa della sua compagna Daniela Santanchè.

«Si tratta un tentativo della magistratura non di salvare me, ma se stessa da una figura veramente meschina che farebbe ridere » accusa Sallusti su Repubblica, che riporta la sua intervista a Mattino Cinque. «Io non ho chiesto di andare ai domiciliari, anzi ritengo questa decisione della Procura un'ingiustizia, perché credo di non averne i requisiti. Dovrei andare in carcere. E tantomeno ho chiesto di scontare i domiciliari a casa Santanché. Sono due menzogne che stanno circolando e che non si riesce più a fermare».[MORE]

Questa mattina, però, l’odio di Sallsuti non è rivolto contro i giudici, ma contro la casta dei giornalisti. «I colleghi sono degli infami, dovrebbero vergognarsi di quello che stanno scrivendo. Dovrebbero giocare con le loro vite invece che con la mia» sono le parole del direttore citate dal Messaggero. Dopo lo scempio fatto dalla casta dei magistrati e lo scempio fatto dalla casta dei politici, da questa mattina un'altra casta si arruola tra le più vigliacche e modeste: quella dei giornalisti. Salvata la pelle, perché giustamente è stato bocciato quel disegno di legge infame, adesso escono allo scoperto». Una vigliaccheria ancora più subdola perché, secondo Sallusti, hanno salvato la pelle grazie al mio appello al Pdl di far cadere quella legge che avrebbe punito probabilmente anche loro».

Il giornalista non usa giri di parole e identifica chiaramente i bersagli delle sua prole al vetriolo: Il Corriere della Sera, il Fatto Quotidiano, la Repubblica e La Stampa. Il direttore del quotidiano torinese, Mario Calabresi, è stato oggetto della querela da parte della Santanchè, perché in un articolo avrebbe diffuso informazioni protette da privacy, «descrivendo ubicazione e caratteristiche interne ed esterne dell'abitazione della signora Santanchè, nella quale vive pure il figlio minorenne».

Foto: ilfoglio.it

Giovanni Gaeta