Cronaca

Roberto Guerriero, sulla storia di Fabiana

CATANZARO, 28 MAGGIO 2013 - La storia di Fabiana allunga l’elenco del dolore e della violenza, della discriminazione e della crudeltà posta in essere contro la donna "in quanto donna", e non in quanto donna calabrese, ovviamente. Il sorriso di quella ragazzina di 16 anni, i suoi sogni spezzati, la sua vita bruciata, si mescolano senza perdersi nel racconto di una donna incinta picchiata a Vibo Valentia, di altre donne accoltellate, violentate, sfigurate in Calabria come nel resto d’Italia perché hanno scelto di essere se stesse e non piegarsi a quello che gli uomini, i loro partner, i loro padri, i loro fratelli, le vorrebbero piegate in silenzio.

In una Paese civile, dalla Sicilia alla Valle d’Aosta con la nostra regione pronta ad essere in prima fila - perché le donne calabresi sono femminili e toste, dolci e determinate, belle e intelligenti, padrone di sé e sorridenti come nel resto del mondo senza alcun deficit genetico – il “femminicidio” sarebbe riconosciuto e perseguito come reato.

Invece la seduta della Camera dedicata al recepimento della Convenzione di Istanbul contro la violenza alle donne comincia sì con un minuto di silenzio per la sedicenne uccisa e bruciata dal suo fidanzato a Corigliano Calabro, ma resta in silenzio perché l’emiciclo è quasi deserto. E’ ora che gli amministratori a tutti i livelli istituzionali, dai Comuni alle Regioni, passando per Camera e Senato, si mobilitino assumendo l’impegno improrogabile all’adozione di una legislazione diretta alla tutela delle donne dalla violenza fisica e psicologica. E’ l’unico modo per sperare di fermare le lacrime delle madri, delle sorelle, delle donne che piangono altre donne per una fatta di attacchi senza movente.

Roberto Guerriero
Vice presidente del consiglio comunale 
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