Politica

Riforme: Renzi apre a minoranza Pd, nessun prendere o lasciare. "Ma l'art.2 non si tocca"

ROMA, 9 SETTEMBRE 2015 - “Non vogliamo un muro contro muro, i toni di questi giorni sui giornali sono profondamente esasperati. Non diciamo prendere o lasciare ma proprio perché è la Costituzione, non hanno senso barricate”. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi all'assemblea dei senatori Pd tiene aperto il dialogo con la minoranza Dem sulla riforma del Senato e invita i senatori a non drammatizzare e annunciare barricate. Ma tiene anche fermo quel paletto che finora ha impedito di avvicinarsi a un'intesa: cambiare l'articolo 2, come chiede la sinistra Dem, vorrebbe dire rimettere "tutto in discussione". [MORE]


Certo, sulle riforme ci sono punti aperti ma l'impianto è largamente condiviso perché “avvertiamo la responsabilità di superare finalmente il bicameralismo paritario”. E per questo dà “ancora qualche giorno" ai parlamentari Dem per trovare un accordo che permetta di accelerare e approvare il ddl al Senato il prima possibile, per consentire anche alla legge sulle unioni civili di essere approvata prima del 15 ottobre, quando sarà presentata la legge di stabilità, che sarà di circa 25 miliardi.


Insomma, da un lato Renzi cerca la mediazione con i 28 senatori dissidenti, ribadendo la sua disponibilità a discutere su altri punti della riforma, come ad esempio “le funzioni” del nuovo Senato, dall'altro esclude categoricamente l'elezione diretta dei senatori: anche perché, ricorda il premier, “La tesi numero quattro dell'Ulivo prevedeva il Senato della autonomie non elettivo”. Secondo Renzi “ciò che stiamo proponendo è una versione soft di quello che chiede la sinistra da 70 anni”, se ne occupò anche la bicamerale di D'Alema.


Un richiamo alla "responsabilità" del Pd, che con le riforme del suo governo ha fatto "ripartire il Paese" e ora deve proseguire, per tenere fede a un impegno di superamento del bicameralismo perfetto che viene ripetuto "da 70 anni". In nome di questa responsabilità, dichiara Renzi , "non vogliamo un muro contro muro e i toni profondamente esasperati di questi giorni. Non diciamo prendere o lasciare ma proprio perché è la Costituzione, non hanno senso barricate". La disponibilità del governo e della segreteria Pd al dialogo c'è ed è dimostrata, sottolinea, "dai 134 emendamenti approvati, 62 al Senato e 72 alla Camera" approvati finora: "Si può dire tutto meno che sia un atto di forzatura e in pericolo la democrazia".


"Non abbiamo invocato la disciplina sulla scuola e il Jobs act figuriamoci se lo facciamo sulla Costituzione", replica Renzi a Pier Luigi Bersani, che in mattinata aveva lamentato l'assenza di un confronto e lo aveva avvertito: "Sulla Costituzione non c'è disciplina di partito". Il senatore bersaniano Miguel Gotor, tra i capofila dei 28 firmatari degli emendamenti per il Senato elettivo, a margine dei lavori della commissione aveva parlato di "machismo costituzionale". I 28, al termine di una riunione mattutina, avevano ribadito compattezza sugli emendamenti per il Senato elettivo e sottolineato che non c'è apertura possibile senza una modifica all'art. 2 del testo, che regola la composizione del Senato. Insomma, i presupposti per l'intesa ancora sono difficili da trovare ma per ora Renzi non è intenzionato a cercare lo scontro. Tiene aperto il dialogo, consapevole che i problemi sulla riforma non sono tecnici ma puramente politici.

Tiziano Rugi

Foto: Repubblica.it