Cronaca
Rifiuti: arresti; Gratteri, inquinato pesantemente il terreno in modo quasi irreversibile
CATANZARO, 18 GIU - Reati reiterati da decenni. A molti degli indagati nell'inchiesta "Quarta chiave" contro il traffico illecito di rifiuti che veniva operato all'interno del campo rom di Scordovillo, a Lamezia Terme, sono state contestate anche le aggravanti delle recidiva, specifica, reiterata e anche infraquinquennale. "Questo vuol dire - ha spiegato il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri in conferenza stampa - che questo per loro è un modus vivendi, un modo di vivere normare.
Normale è delinquere, normale è inquinare in modo pesante ettari di terreno del Comune di Lamezia Terme e paesi limitrofi. Per loro è normale incendiare. Ricordate l'incendio del 2019 che ha costretto mezza Lamezia Terme a stare con le finestre chiuse a causa dell'emissione di diossina nell'aria".
Un'indagine condotta dai carabinieri di Lamezia Terme e di Catanzaro, che il procuratore ha definito "pregevole dal punto di vista della tecnica e probatorio. Sono riusciti a documentare, mediante videoriprese e intercettazioni la reiterazione del reato e in spregio a qualsiasi elementare regola di rispetto dell'ambiente. Purtroppo, questa parte di Lamezia Terme appare come un fortino dove gruppi di persone hanno reiterato l'illecito. Abbiamo ettari di territorio inquinati in modo quasi irreversibile perché c'è una penetrazione profonda nei terreni anche di metalli pesanti che non so quali conseguenze potrebbero avere sul piano ambientale.
Sicuramente abbastanza importanti e invasive". Il comandante provinciale dei carabinieri di Catanzaro Antonio Montanari ha parlato di una "esigenza avvertita sul territorio". Proprio per rispondere a un serie di episodi, in particolar modo incendi che si erano verificati nell'aria prospiciente a Scordovillo è nata l'indagine "Quarta chiave".
"Questa inchiesta - ha sottolineato Montanaro - ha portato uno step in più, evidenziando come siano organizzati all'interno del campo per gestire a livello imprenditoriale l'attività illecita di raccolta e 'trattamento' di rifiuti in vista del perseguimento di una utilità grazie a ditte compiacenti alle quali veniva affidato il materiale recuperato".
Vista la realtà del campo rom di Scordivillo è stato necessario l'utilizzo di oltre 300 carabinieri per eseguire le misure cautelari e garantire la sicurezza del personale operante.
"Sono reati che suscita un allarme sociale particolarmente elevato - ha detto il procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla - in luoghi dove, come in questo caso si rileva un particolare degrado ambientale, una emergenza igienico sanitaria che ha interessato l'insediamento di Scordovillo che è a ridosso dell'ospedale e nel quale viene effettuata questa attività di smaltimento e deposito di rifiuti pericolosi e non pericolosi, organizzati utilizzando anche la compiacenza di imprese individuali o di società che sono iscritte nell'albo dei gestori dei rifiuti presso le quali si svolge l'attività di conferimento dei rifiuti da parte delle società e di imprese individuali che hanno sede sociale all'interno dell'insediamento di Scordovillo. Deposito e trasporto rifiuti effettuata anche tramite l'utilizzo di documentazione artefatta".
Altra attività è il trattamento dei rifiuti che spesso avviene mediante "una combustione spregiudicata dei rifiuti che determina quelle esalazioni e quei fumi tossici in un contesto territoriale che è particolarmente sensibile perché prossimo all'ospedale di Lamezia Terme. Negli anni passati diverse sono state le segnalazioni di questo degrado, di questo inquinamento ambientale determinato in quell'area che suscitano preoccupazione per la comunità".
Il campo rom di Scordovillo viene descritto come un luogo "totalmente sotto il controllo della comunità insediata in quel territorio nel quale è difficile anche effettuare attività di vigilanza e di controllo quotidiano. Alcuni degli indagati hanno anche cercato di eliminare le telecamere poste dalla polizia giudiziaria".