Cronaca

Reportage da New York, pochi giorni dopo l'11 settembre 2001

LAMEZIA TERME (CZ) 11 SET. 2011 - Si parte dall’aeroporto di Lamezia Terme, il clima nell’aerostazione è abbastanza tranquillo, polizia, carabinieri e uomini della guardia di finanza vigilano con competenza. Il problema si fa notare dopo le procedure di “chek in” quando dobbiamo passare il controllo di sicurezza dell’imbarco: notiamo subito che le divise degli operatori addetti non sono quelle familiari di carabinieri, polizia o guardia di finanza. Sono anonime e non trasmettono certo serenità i gesti poco sicuri e poco convincenti degli operatori del servizio. [MORE]


Le modalità di sorveglianza e di analisi del bagaglio a mano lasciano a desiderare. Questi signori lasciano trasparire una certa incapacità nel gestire il particolare momento che richiederebbe invece una notevole professionalità. Un vecchietto viene fatto passare e ripassare nella zona raggi X: ha in tasca una forbicina per le unghie. Gli dicono che deve lasciare le forbicine ad un parente. Il vecchietto entra in crisi, dice di non avere un parente in aeroporto, poi, poco più tardi, un parente, forse nominato tale sul campo, esce fuori e ritira la piccolissima forbice. Gli agenti ritornano indietro dalla zona bagagli con due bidoni d’olio di Calabria. L’olio di Calabria è un ottimo prodotto tipico ma può diventare pericoloso a bordo di un aereo.


Arriva il momento del nostro controllo personale. Un controllo molto blando al nostro bagaglio a mano e siamo già a bordo dell’aereo diretti a New York via Roma, coscienti di poter portare tranquillamente a bordo decine di taglienti lame di taglierini dentro l’agenda personale proprio dietro il supporto della rilegatura ad anelli. Speriamo in un controllo più efficiente a Roma. A Roma il controllo è molto più serio, metal detector, cani antitutto, carabinieri, guardia di finanza e polizia in assetto antiterrorismo, controlli a documenti e persone, molto rigidi. Ci imbarchiamo per New York, il viaggio è tranquillo e l’Alitalia fa di tutto per rendere gradevole la permanenza a bordo con abbondanti e ripetuti pasti e beveraggi vari, un servizio ottimo.


Arrivati a New York notiamo decine di agenti speciali che sorvegliano un aereo arrivato sulla pista poco prima e subito apprendiamo che l’America ha attaccato l’Afghanistan proprio mentre noi volavamo sull’Oceano Atlantico. La città di New York è stranamente vuota ed è irriconoscibile: i ponti levatoi alzati, barriere protettive dappertutto, barricate di sacchi di sabbia, agenti e camion della polizia a non finire. Le strade verso l’interland sono invece stranamente invase di un traffico anomalo. In rientro centinaia le auto con piccole e grandi bandiere americane sventolanti e svettanti in bellavista. Sembra la vittoria di una partita di football invece si vuole solo evidenziare l’orgoglio americano sempre presente in questi casi. Nei primi minuti dopo l’attacco, ci riferiscono, sono scattate eccezionali misure di sicurezza attorno ai palazzi federali di Downtown secondo un piano messo a punto da Rudolph Giuliani e da Kerik, capo della polizia di New York. È sera quando rientriamo in albergo al Ramada di New Rochelle. La gente del posto cerca di non far trasparire il nervosismo, ripete continuamente che non c’è niente da aver paura, ma la paura traspare da sola.


Passano le ore, i luoghi sono sempre più spogli di gente, due i gradi di temperatura che gelano le strade rese ancor più surreali dalla fredda luce dei lampioni. Molti turisti italiani sorpresi da questo vero e proprio stato di guerra mostrano chiaramente i segni classici di un nervosismo e l’ansia da terrorismo si trasforma, a poco a poco, in un vero e proprio attacco di panico. La situazione non è affatto tranquilla. Alcuni colleghi giornalisti ci dicono che con il buio c’è il rischio reale di un attentato terroristico su New York. Arriva una notte lunghissima, tutti davanti al televisore dall’una di notte un no stop fino alle 5 del mattino, tutti i media a spiegare nei minimi particolari gli attacchi appena effettuati. Al mattino ancora molto freddo, gli italo – americani hanno ultimato i preparativi per la parata del Columbus Day. Si parla di una revoca per motivi di sicurezza della manifestazione. I timori di possibili nuovi attentati non hanno frenato la Columbus citizens foundation che promuove l’evento newyorchese. Si entra tutti in cattedrale Saint Patrick, fuori continua a fare freddo, tra i banchi affollati di bersaglieri italiani di Pescara, la banda della guardia di finanza, amici calabresi emigrati a New York, il console italiano a New York, Peter Vallone, il giornalista di Rai International Giuseppe Guglielmo, calabrese di Belmonte.


Passiamo i servizi di sicurezza e incontriamo Hilary Clinton per un breve dialogo. Attorno Rudolph Giuliani e tanti amministratori della città, accanto a noi tanti volti noti della Calabria in America, in testa Dominic Procopio, presidente di Calabria Society di New Rochelle che ha curato lo spazio dedicato ai bersaglieri di Pescara ed ha organizzato un commovente concerto, presso New Rochelle, della banda della Guardia di Finanza. Il requiem di Verdi è stato dedicato alle vittime delle Torri Gemelle, le twin towers distrutte dai terroristi. Al Columbus la parata in onore degli eroi di New York, le bellissime autopompe del Fire Department hanno aperto il lungo corteo per ricordare i 350 pompieri morti al World Trade Center dopo che hanno contribuito a salvare più di 20.000 persone, e poi la banda della guardia di finanza diretta dal capitano Gino Bergamini. Chiuse al traffico Duane Street, Elk Street e Broadway. Il quartier generale di Fbi a New York chiuso al traffico così anche la zona dei tribunali federali.


Guardiamo con il naso in aria i grattacieli notiamo un grosso aereo che passa poco più sopra, non è affatto vero che gli aerei non possono passare sopra Manhattan. Il freddo diventa sempre più pungente mentre sfiliamo con le bandiere americane al vento gelido, quest’anno al Columbus superano quelle italiane, la gente ha paura, ha freddo, sente il peso della guerra in agguato. New York non sembra più la stessa è pervasa da un silenzio irreale, una quiete che non è affatto naturale per questa Metropoli che è abituata a vivere giorno e notte. La festa degli italo – americani diventa una parata surreale, ci sono 41000 poliziotti infreddoliti che piantonano ogni via, ogni punto del Columbus, 4500 soldati della Guardia Nazionale sono arrivati a dare man forte ai colleghi, gli agenti Fbi sono riconoscibili in borghese come i poliziotti in divisa. Il Columbus Day di quest’anno è il primo appuntamento nelle strade di Manhattan dopo i seimila morti delle torri. Alle 14.30 arriviamo a Central Park, tutti spariscono, la Quinta Strada appare vuota e surreale come mai, tutti fuori dalla città. Seguiamo i Bersaglieri dentro il pullman che li riporta a New Rochelle da Domenico Procopio per il pranzo presso “Mamma Francesca”, italian restaurant di Nik Di Costanzo. Consegniamo i volumi “ItaliAmerica, il viaggio sul mare grande come il cielo” pubblicato in questi giorni in Calabria dalla casa editrice La Mongolfiera di Doria di Cassano Ionio.



Purtroppo il viaggio non può continuare, bisogna rientrare perché si parla di chiusura dello spazio aereo su New York, di chiusura del JFK, chiusura di tutti i voli, pericolo per il pulviscolo di amianto che si è sprigionato dalle Twin Towers, pericolo per un possibile attacco batteriologico, allarme carbonchio polmonare… Saltano alcune iniziative del programma Italian Heritage and Cultural Month in programma fino al 14 ottobre, la dottoressa Sandy Auriti della Mondatori Usa aveva creato e organizzato una serie di eventi culturali veramente interessanti. La presentazione del volume sull’emigrazione di Franco Vallone alla Pace University, la presentazione dello spettacolo teatrale Bastimenti di Cataldo Perri, le conferenze della giornalista del Quotidiano Gabriella Capparelli e dell’editore Giovanni Spedicati… Tutto non si potrà fare, molti rientrano, altri non arrivano. A pranzo si parla di un imminente arrivo del presidente della Regione Calabria Chiaravalloti e del dirigente regionale all’emigrazione Simonetti. Poco più tardi l’annuncio della loro assenza. La partenza incerta per gli eventi che si accavallano uno dietro l’altro, al banco Alitalia un certo signor Petrillo, direttore di scalo Alitalia al JFK di New York, con tutto quello che sta succedendo si permette pure di chiedere una penale di cento dollari a testa agli italiani che intendono partire per l’Italia in anticipo rispetto al piano di viaggio previsto. Paghiamo al signor Petrillo la penale. Appena a Roma protesteremo vivacemente con la direzione Alitalia per il comportamento poco corretto e per la poca umana comprensione del loro funzionario a New York.



Prima di imbarcarci il servizio di sicurezza americano ci analizza, persone e bagagli, centimetro per centimetro. E’ bello sentire questo tipo di attenzione per la nostra sicurezza. Viene anche sfregato uno speciale sensore ai manici del bagaglio a mano, alle zip delle tasche delle borse. I sensori vengono poi analizzati in tempo reale per “vedere se siamo puliti”. Ok ci segnala l’agente specializzato, possiamo proseguire. Pensiamo per un attimo alle guardie giurate piazzate all’aeroporto di Lamezia Terme. Un poco di differenza c’è! Ci sentiamo più tranquilli nel viaggio di ritorno. Il 747 Alitalia ritorna in patria con molti posti liberi. Ci si può anche sdraiare su intere file di poltrone. È sera, si decolla, e dall’alto la New York di sempre, illuminata di colori, ci appare più bella. Il suo silenzio, il suo malumore, le sue ferite, i suoi graffi da quassù non si vedono proprio.

Franco Vallone