Cronaca
Regione Sicilia, il commissario dello Stato blocca le promesse di assunzioni
PALERMO, 28 DICEMBRE 2011 – Catalogatori dei beni culturali, tecnici della Protezione civile, esperti nel campo del dissesto idrogeologico o nell'emergenza rifiuti, per un totale di 1.600 assunzioni che l'Ars (Assemblea Regionale Siciliana) era pronta a stabilizzare. Ma il commissario dello Stato ha bloccato tutto, perché non si capisce chi ci debba mettere i soldi. Mentre all'orizzonte si fanno sempre più pressanti le elezioni.[MORE]
Cento milioni di euro. A tanto ammonterebbe la spesa che la Regione dovrebbe accollarsi per i prossimi tre anni, come definito nel disegno di legge dal titolo “Misure in materia di personale della Regione Siciliana e di contenimento della spesa”. «Non esistono elementi certi riguardo la disponibilità di fondi», ha infatti scritto Carmelo Aronica, da circa un anno nominato commissario dello Stato per la Regione Sicilia dopo essere passato dalle prefetture di Firenze, Macerata, Lucca e Viterbo.
Il problema di fondo, sostiene, è che non si conosce con esattezza il numero di posti di lavoro che verranno liberati nei prossimi anni, né – dunque – quanto la regione riuscirebbe a risparmiare, anche alla luce delle nuove norme del governo centrale e di una Regione che già vanta qualcosa come ventimila dipendenti.
Nonostante questi fatti – noti o comunque facilmente conoscibili – la classe politica siciliana ha votato all'unanimità, lo scorso 23 dicembre, un atto che da subito si è rivelato come mero fumo negli occhi di quei precari che, da anni, aspettano di essere stabilizzati.
Nei giorni scorsi, peraltro, era stata annunciata la stabilizzazione di altri 2.234 lavoratori socialmente utili in servizio nel settore sanitario, molti dei quali disposti anche a ridursi lo stipendio pur di ottenere il lavoro. Anche per loro, però, niente da fare.
«Il legislatore siciliano» - ha scritto il commissario - «nell'individuare i mezzi di copertura si è sottratto alle fondamentali esigenze di chiarezza e solidità del bilancio cui l'articolo 81 [della Costituzione, ndr] si ispira, non garantendo per le nuovi maggiori spese previste una copertura sufficientemente sicura ed in equilibrato rapporto con gli oneri che si intendono sostenere negli esercizi futuri». Secondo la legge richiamata, infatti, questo tipo di spesa deve essere coperta con l'utilizzo degli accantonamenti iscritti nei fondi speciali per le iniziative legislative in itinere o con la riduzione di precedenti autorizzazioni legislative di spese oppure, terza possibilità, con modificazione legislative che comportino nuove o maggiori entrate. Nel ddl approvato nei giorni scorsi, invece, i nuovi posti di lavoro vengono finanziati solo dall'eventuale denaro risparmiato dalla riduzione del personale regionale – compreso il pensionamento – previsto per i prossimi mesi.
L'unica possibilità concreta per i precari, a quanto pare, è quella di una proroga per altri due mesi. Ciò di cui si sta discutendo in questi minuti all'Ars.
A che pro tutto questo? Innanzitutto, addossare la colpa al commissario – cioè ad un uomo di “Roma” - delle mancate assunzioni, un buon colpo nell'ottica di quella politica de “la Sicilia lontana da Roma” che sembra essere tornata in auge negli ultimi mesi. L'anno prossimo, poi, in 150 Comuni siciliani ci saranno le elezioni. E si sa: ogni elezione porta con sé – oltre a urne, schede e liste elettorali – anche promesse di nuovi posti di lavoro. Tanto poi la grana rimane al governo successivo. E in Sicilia, dati i sommovimenti degli ultimi tempi – non ultima l'uscita dell'Unione di Centro dal governo – ad occuparsi di come trovare lavoro a tutti i nuovi “stabilizzati” difficilmente saranno le stesse persone che stanno promettendo e varando.
Andrea Intonti