Cronaca
Reggio Emilia: detenuto si impicca in cella
REGGIO EMILIA, 27 LUGLIO – Stava per essere trasferito in un’altra struttura, dopo aver partecipato ad una protesta con altri detenuti nella giornata di lunedì, il 28enne tunisino che oggi si è impiccato nella sua cella del carcere di Reggio Emilia.[MORE]
L’uomo, insieme ad altri quattro reclusi, aveva gravemente danneggiato i bagni di una delle aree comuni del penitenziario, minacciando poi gli agenti con armi rudimentali. Erano servite tre ore di trattative con gli “insorti” per normalizzare la situazione.
Stando alle ricostruzioni il 28enne, che doveva scontare una condanna per omicidio fino al 2041, ha strappato i lembi del lenzuolo, li ha avvolti e legati intorno alle sbarre della cella e si è dunque impiccato. A nulla è servito l’intervento degli agenti della polizia penitenziaria.
Quello di oggi è soltanto l’ultimo, in ordine cronologico, di una lunga serie di suicidi in carcere. Di carcere, in Italia, si muore. Nell’anno solare 2016, centoquindici persone si sono tolte la vita in cella, una scia di sangue che è poi proseguita anche nel 2017. Nel febbraio scorso, si è arrivati ad avere quattro morti contemporaneamente nello stesso giorno.
Le ragioni di questa vera e propria strage sono probabilmente da ricercarsi nelle pessime condizioni in cui versano i penitenziari italiani, e conseguentemente in cui vivono i detenuti ivi reclusi. Il numero di persone in cella, nel nostro Paese, supera infatti di oltre il 10% la capienza massima delle carceri. Ma non si tratta solo di sovraffollamento.
Tra carenza di personale medico, inadeguatezza delle strutture deputate ad ospitare detenuti con problemi psichiatrici e condizioni igieniche pessime, la reclusione diventa spesso calvario. Con buona pace della funzione rieducativa della pena, scolpita nell’articolo 27 della nostra Costituzione, e spesso destinata a rimanere lettera morta.
Paolo Fernandes
foto: detenzioni.eu