Economia
Intrighi del Salotto Buono: Rcs, alla Finanza piace il "Quarto Potere"
"Io sono un'autorità su come far pensare le persone".
[Charles Foster Kane (Orson Welles, dal film "Quarto Potere" di Orson Welles]
MILANO, 09 LUGLIO 2013 – L’affaire Rcs è destinato a surriscaldare l’estate del “Salotto buono” e non solo. Infatti, dopo le affermazioni di ieri dell’amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne che - riferendosi alla decisione intrapresa del gruppo da lui capeggiato, che punta a far salire la partecipazione al 20% del capitale della società editoriale - ha dichiarato: «Rcs é strategica per Fiat, altrimenti non avremmo investito tanto», dura la replica di Diego Della Valle.
L'imprenditore della Tod's – in particolare – sceglie la via della politica, decidendo di rivolgere un appello al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Nella lettera, Della Valle scrive: «Presidente Napolitano, abbiamo bisogno di sentire la Sua voce, una voce forte, al di sopra delle parti e della massima autorevolezza». Il padre delle Tod’s prosegue: «Sarebbe necessario che noi tutti, il gruppo che io rappresento, la Fiat, Intesa e Mediobanca, invece di rafforzare le nostre posizioni, facciamo un passo indietro e lasciamo completamente l'azionariato di Rcs liberandolo così da tutte le vecchie polemiche e da tutte le dietrologie di ogni tipo». [MORE]
Intanto, l’Antitrust ha deciso di aprire un dossier che, come ha puntualizzato il presidente Giovanni Pitruzzella: «Al momento solo a fini informativi per valutare eventuali problemi dal punto di vista della concorrenza nella vicenda del riassetto Rcs». In questo modo, si cerca di dare una risposta alla domanda se l'aumento delle quote di Fiat in Rcs pone - appunto - dei problemi dal punto di vista della concorrenza. Pitruzzella ha concluso aggiungendo che: «Sui tempi è ancora prematuro dare indicazioni».
Sintetizzando quanto accaduto fin qui in merito all’aumento del capitale, l'azionariato in attesa dell'asta dell'inoptato è il seguente:
- Fiat 20,135%
- Mediobanca 15,14%
- Diego Della Valle 8,81%
- Fonsai 5,54%
- Pirelli 5,3%
- Intesa Sanpaolo 5,018%
- Italmobiliare 3,74%
- Eredi Rotelli 3,257% (4,13% con la quota in opzione)
- Sinpar (Lucchini) 1,27%
- Edison 1,08%
- Edizione 1,045%
- Mittel 1,042%
- Generali 0,989%
- Erfin (Bertazzoni) 0,77%
- Francesco Merloni 0,52%
(fonte: La Repubblica)
Così, da mercoledì e fino al 16 luglio in Borsa verrà offerto in asta l'inoptato dell'aumento non già collocato (il 15%), al quale corrispone un impegno di sottoscrizione da 60 milioni, pari poi all'11,2% nel capitale post operazione. Nel caso in cui l’asta venisse disertata, le banche interverrebbero per 49,4 milioni, ovverosia il 12,3% dell'aumento, pari al 9,2% del capitale post operazione.
Il “Quarto potere” piace al Salotto Buono. Lo evidenzia, in maniera magistrale, l’immagine che accompagna un’inchiesta di spessore a firma di Giovanna Baer, “Tre gradi di separazione” pubblicato su Paginauno n. 18, giugno - settembre 2010.
Un’immagine che ritrae le intricatissime e pericolosissime intersezioni derivanti dalle partecipazioni nei diversi Cda dei principali rappresentanti del Gotha finanziario italiano. Intersezioni che sollevano due problemi seri: 1) Conflitto d’interesse; 2) Libertà dell’informazione (che in un certo senso ci fa pensare ai conflitti di interessi che sorgono in capo alle agenzie di rating e, in particolare, ai loro controllori). Alla luce di ciò, fa un po’ sorridere l’indignazione di Della Valle che, come mostra la sopraindicata immagine (si puntualizza che i dati risalgono al 2010, quindi si potrebbero essere verificati - nel mentre - delle variazioni ai diversi assetti societari), attraverso Tod’s – riesce ad entrare in altri quotidiani di spicco (come “Il Sole 24 Ore”, La Repubblica). Quindi, dopo aver fatto tanta anticamera nel Salotto - forse - Della Valle puntava a qualcosa di più o, quanto meno, si auspicava che gli equilibri presistenti non venissero del tutto stravolti.
Tuttavia, questa è soltanto una delle tante “anomalie” che emergono dallo schema. Infatti, molte delle principali società quotate in Piazza Affari - appartenenti a diversi comparti (bancari, industriali, lusso, utility, media-editoria) - entrano in questo grande calderone. Come accennato, il “quarto potere” fa gola alla finanza che conta, visto che spingere una notizia su un quotidiano di spicco, può condizionare gli operatori finanziari e, in particolar modo, gli speculatori, con conseguenze sull’andamento dei titoli (sia al rialzo, che al ribasso. Basti pensare alla polemica scatenata da Giorgio Armani qualche tempo fa sullo stretto legame tra moda-finanza-giornali ha dichiarato: “La moda è delle banche, della borsa, non è più dei proprietari ma di qualcuno. L'influenza delle banche su questo business non è un mistero, e poi le banche influenzano i giornali che fanno i titoli e influenzano a loro volta”), cosa che si traduce in miliardi di euro guadagnati o persi, nonché in termine di potere e, come si sa: “Il potere logora chi non c’è l’ha”.
Così, invece di mettere “il bavaglio” a chi fa informazione, occorrerebbe un intervento serio al fine di ridurre i tanti conflitti di interesse e giochi di potere. Solo in questo modo, si potrebbe parlare veramente di “Libertà di stampa”, ovverosia: Utopìa s. f. [dal nome fittizio di un paese ideale, coniato da Tommaso Moro nel suo famoso libro Libellus ... de optimo reipublicae statu deque nova Insula Utopia (1516), con le voci greche οὐ «non» e τόπος «luogo»; quindi «luogo che non esiste»]. Ideale, speranza, progetto, aspirazione che non può avere attuazione.
(fonti: Consob, La Repubblica, rivistapaginauno.it)
Rosy Merola