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ROMA - "E' ragionevole ipotizzare che nella stagione dei grandi delitti e delle stragi si sia verificata una convergenza di interessi tra cosa nostra, altre organizzazioni criminali, logge massoniche segrete, pezzi deviati delle istituzioni, mondo degli affari e della politica. Questa attitudine a entrare in combinazioni diverse e' nella storia della mafia e, soprattutto e' nella natura stessa della borghesia mafiosa''. E' l'analisi sviluppata dal presidente dell'antimafia, Beppe Pisanu, nella sua relazione illustrata oggi davanti all'organismo bilaterale di inchiesta.[MORE]Pisanu ha cercato di ricostruire secondo una certa logica i vari passaggi degli 'omicidi eccellenti' e delle stragi a partire da quella mancata dell'Addaura, citando che ormai vi sono notizie 'abbastanza chiare' su due trattative: quella tra Mori e Ciancimino "che forse fu la deviazione di un'audace attività investigativa" e quella tra Bellini-Gioè-Brusca-Riina, dalla quale nacque l'idea di aggredire il patrimonio artistico dello Stato'.
Pisanu ha fatto notare che l'elemento probabilmente sottostante al confronto mafia-stato era quello di costringere all'abolizione del 41 bis e a "ridimensionare tutte le attività di prevenzione e repressione". E a riscontro Pisanu cita una "singolare corrispondenza di date che si verifica, a partire dal maggio del 93, tra le stragi sul territorio continentale e la scadenza di tre blocchi di 41 bis emessi nell'anno precedente".
"Cosa nostra ha forse rinunciato all'idea di confrontarsi da pari a pari con lo Stato, ma non ha certo rinunciato alla politica" dice Pisanu. "Bloccato il braccio militare, ha certamente curato le sue relazioni, i suoi affari, il suo potere - spiega Pisanu -. Ma dagli anni 90 ad oggi ha perduto quasi tutti i suoi maggiori esponenti, mentre in Sicilia e' cresciuta grandemente un'opposizione sociale alla mafia che ha i suoi eroi e i suoi obiettivi civili e procede decisamente accanto alla magistratura e alle forze dell'ordine".
"Le teorie sono belle ma, nei processi, abbiamo bisogno delle prove giudiziarie. Le prove costruite su tante fonti non hanno mai consentito di costruire la prova penale individualizzante in grado di accertare responsabilità". Così il procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, ha commentato la relazione del presidente della Commissione parlamentare antimafia, Giuseppe Pisanu, sui delitti e le stragi di mafia del 1992-93 con riferimento ai passaggi sulla, "trattativa tra Stato e cosa nostra". Grasso ha parlato al termine dell'audizione sul ddl intercettazioni innanzi alla Commissione Giustizia della Camera. Domattina proseguirà la seconda parte della sua audizione.
(Ansa)