Politica
Rai, braccio di ferro tra Autorità di Garanzia e Sindacati su piano tagli
ROMA, 3 GIUGNO 2014 – «La proclamazione dello sciopero del prossimo 11 giugno non rispetta la regola, ben nota alle organizzazioni sindacali, dell'intervallo di dieci giorni tra due scioperi che insistono sullo stesso settore, considerata, infatti, l'azione di sciopero del sindacato Usb prevista per il prossimo 19 giugno e precedentemente comunicata». Con queste parole il Garante per gli scioperi nel servizio pubblico boccia la richiesta di sciopero dei sindacati dei lavoratori della Rai, decisione che però trova netta opposizione da parte delle associazioni. In una conferenza stampa al Teatro delle Vittorie, il segretario della Cgil Susanna Camusso insieme al leader del Uil Angeletti ha fatto sapere che non si tirerà indietro.
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«Questo dl mette a rischio la Rai nella dimensione di servizio pubblico e come grande impresa del paese. La vendita di Taiwan determina la perdita delle condizioni di sicurezza e capacità competitiva», ha detto il segretario, puntando il dito contro il governo, il quale ha parlato di “sciopero umiliante”. La diatriba nasce dal piano di tagli di 150 milioni di euro con la vendita di Raiway, che secondo la Camusso potrebbe determinare dei costi nel lungo periodo e rappresentare un rischio per la competitività e la sicurezza dell'azienda pubblica. La Camusso ha inoltre ricordato dell'assenza capillare della Rai sul territorio nazionale, al punto da risultare il servizio pubblico tra le più piccole d'Europa.
Si tira fuori Bonanni dalla questione, disertando la riunione con i colleghi, pur esprimendosi pronto a dialogare con il governo sulla discussione di un piano industriale concreto e trasparente. Dalla parte dello sciopero si schiera invece il grillino Fico, presidente della Commissione di Vigilanza della Rai: «la Rai va assolutamente riformata, va trasformata, deve cambiare il numero di testate giornalistiche perché sono troppe, si devono ridurre gli appalti esterni che oggi ammontano a 1.3 - 1.4 miliardi l’anno, bisogna riorganizzare le sedi regionali e il personale interno, ma dietro i 150 milioni di euro non c’è una revisione della spesa, ma una svendita del bene pubblico».
Foto: lanostratv.it
Dino Buonaiuto