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Accesa la discussione sull’inchino della statua della Vergine Maria durante la processione di qualche giorno fa a Oppido Mamertina.
Era il 21 Giugno quando Papa Francesco nella piana di Sibari disse, senza mezze misure e toni pacati: “Coloro che nella loro vita seguono questa strada di male, come sono i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati!”. Tale notizia è giunta alle orecchie di tutti, sulla bocca di molti, ai cuori di pochi.
Ma in effetti non si attendeva che un momento, uno soltanto, per appurare se effettivamente le cose fossero cambiate da quel 21 Giugno. Il caso di Oppido sembra sentenziare un netto No.
Eppure, analizziamo bene la cosa. È facile che la processione sia vissuta più come vecchia tradizione che come “percorso di fede”. La tradizione è frutto di “credenze” e altri vari elementi sociali, antropologici, propri di un luogo. Il fenomeno mafioso è, in molti paesi, così radicato da diventare una cosa sola con la realtà territoriale..
Ed ecco che quell’inchino diventa il “rituale decennale”, un qualcosa di normale e scontato. Fermo restando che la Madonna non s’inchina davanti al male, cosa rappresenta il gesto? Una forma di rispetto nei confronti di un boss all’ergastolo per riconoscerne la “grandezza”? Ecco, non entro nel merito sul ruolo del sacerdote, o di altri. Non sappiamo cosa vive una persona, il perché agisce in un modo. Quello che fa riflettere e il continuato atteggiamento del “popolo”. Un atteggiamento di perpetua difesa. Da qui ci rendiamo conto che il fenomeno deve essere sradicato alla radice, nella mente e nel cuore delle persone. Non è solo una questione religiosa, questa è la prima che ne risente perché coinvolge l’emotività di ciascuno.
Ma è solo una questione d’inchino?
Si potrebbero abolire le pratiche non necessarie alla fede per una giusta educazione religiosa, come molti dicono. Ma gli educatori devono essere anche le famiglie, le scuole, le istituzioni. Perché lì dove il giovane si sente abbandonato c’è sempre qualcuno che gli propone una via breve, facile e proficua.
Le nuove generazioni potranno essere quella linfa nuova che si ribella, reclama la propria libertà, afferma la propria dignità. Una generazione che cammina a testa alta, senza piegarsi ed “inchinarsi” davanti nessuno. La statua non vive, non è una persona. I giovani saranno il mondo di domani, loro devono essere tutelati. Solo così si può estirpare la “mala erba”. Perché il problema abbraccia a largo raggio l’intero Stato. In un piccolo paesino è molto visibile, in una grande città si agisce nell’ombra, ma le realtà malavitose sussistono sempre.[MORE]
Chi non si piega? Chi è forte nella propria identità. Chi non si lascia deviare? Chi non è solo, ma trova anche forza in chi lo circonda. Chi è debole? Tutti. Non sappiamo se quel prete era minacciato. Non sappiamo il trascorso del paese. Ma è evidente che l’affermazione del 21 Giugno non è bastata. Non bastano solo le parole. La Chiesa, con quella frase di Papa Francesco, ha preso la sua posizione. Ora tocca a noi prendere la nostra. Perché la Parola, Dio, è sceso sulla terra, è divenuta uomo. Ora anche noi dobbiamo essere ossa, muscoli, pelle di quella Parola che inneggia alla libertà dei pensieri e alla purezza del cuore. Parola che eleva l’uomo, non lo rende schiavo dei prepotenti, ma servo degli ultimi.
Si conviene, allora, che gli inchini non giovano: che siano di dame, di navi, o di statue. L’uomo ha la testa sul collo, al vertice del corpo, per tenerla alta e protendersi sempre verso il cielo.
Valeria Nisticò