Cronaca
Quer pasticciaccio brutto de Via D'Amelio
PALERMO, 2 NOVEMBRE 2011 – Da quando i riflettori si sono nuovamente accesi, su via D'Amelio sono tornate a farsi vive anche le tante, troppe domande che in questi diciannove anni si sono seguite lungo il corso delle indagini. La scarcerazione dei sette ergastolani fino ad ora accusati, le rivelazioni di Gaspare Spatuzza e la seguente sostituzione di Vincenzo Scarantino nel ruolo di “collaboratore chiave” nonché un processo che, dopo quasi due decenni, sembra tornare al punto di partenza, ne aprono di nuove. [MORE]
Parla Agnese Borsellino. «Via D'Amelio mi ha distrutto la vita. È una brutta pagina della storia del nostro Paese. Mi chiamò l'ex presidente Cossiga un mese prima di morire, in quella telefonata mi disse: “la storia di via D'Amelio è da colpo di Stato”», è uno dei passaggi dell'intervista alla vedova del giudice ucciso in via D'Amelio che sarà pubblicata sul settimanale Left in uscita, insieme al quotidiano L'Unità, venerdì 4 novembre. «Non sono una vedova come le altre, che si sono ricostruite bene o male una vita. Io ci soffro da venti anni e in silenzio. Io e tutta la mia famiglia. Mi vergogno di essere cittadina italiana».
Che fine ha fatto Scarantino? Per qualche ora era riuscito a gettare il panico negli uomini dell'antimafia siciliana. Vincenzo Scarantino, l'ex collaboratore di giustizia su cui si erano basate le ricostruzioni sulla strage sconfessato nei giorni scorsi dalle nuove ricostruzioni di Gaspare Spatuzza. Scarcerato nel “liberi tutti” delle nuove ricostruzioni nella giornata di sabato – nonostante la procura generale di Roma avesse stabilito il contrario – sabato scorso è stato accompagnato in una comunità religiosa del nord Italia che si era offerta di ospitarlo.
Permanenza durata solo poche ore perché, come riportava La Repubblica, il finto pentito aveva deciso di far perdere le proprie tracce, dato anche il ritorno allo status di uomo libero derivante dalla sospensione della pena decretata dalla Corte d'appello di Catania.
Ma Scarantino, nel tempo, si è fatto troppi nemici importanti - Cosa nostra da una parte, i servizi “deviati” dall'altra - e forse anche alla luce di questo che, a qualche ora dalla fuga, si è messo nuovamente in contatto con gli uomini della Direzione investigativa antimafia (Dia), facendo rientrare l'allarme. Ma gli interrogativi restano, in particolare sul perché della fuga e di cosa l'ex collaboratore abbia potuto fare in quella manciata di ore.
Andrea Intonti