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Quel fantastico peggior anno della mia vita, quattrocento colpi al cuore

QUEL FANTASTICO PEGGIOR ANNO DELLA MIA VITA DI ALFONSO GOMEZ-REJON, la recensione. Il film vincitore del Sundance racconta una storia di crescita con miracoloso equilibrio di toni, strizzando l'occhio ai cinefili.

Per un film fantastico come quello di Alfonso Gomez-Rejon, c’è un solo rammarico: quello di doverlo quasi quasi difendere dall’accusa di essere uno strappalacrime della peggior specie. Quel fantastico peggior anno della mia vita d’imbarazzante avrebbe solo il titolo italiano – l’originale recita Me and Earl and the Dying Girl – e nondimeno sembra che, come ogni storia sull’adolescenza e sulla malattia, soffra dell’imbarazzo di dover giustificare il proprio afflato sentimentale. Niente affatto: è il sentimentalismo ad essere un difetto, mentre l’opera del regista statunitense – già assistente di Iñárritu, Scorsese, De Niro – racconta semmai di un’equilibratura miracolosa tra riso e pianto, di una tenerezza creativa e non sdolcinata, di una sensibilità per il cinema e per la vita che poco riguarda i trafficanti di romanzetti.

Me and Earl and the Dying Girl, dicevamo. Il “me”, protagonista, è Greg, adolescente timido all’ultimo anno delle superiori che, anziché rinunciare a socializzare, ha scelto di socializzare con tutti: che poi, vuol dire mai veramente con nessuno. “Earl” è il collega, vicino di casa di lungo corso e compagno di scuola, con cui si sbizzarrisce in parodie amatoriali di capolavori del cinema (con buona pace delle traduzioni italiane, alcune gustose rivisitazioni sono “A Sock Work Orange”, “Eyes Wide Butt”, “The 400 Blows”). La “ragazza morente” è Rachel, malata di leucemia, con cui per imposizione materna Greg è costretto a fare amicizia. All’inizio è annoiato senso del dovere, poi un’amicizia, con tutte le complicazioni del caso. Per la crescita di lui e la salute di lei. [MORE]

BLOCCHI DI PARTENZA - Il doppio inciampo era dietro l’angolo: fare un high-school movie ed un cancer movie allo stesso tempo significava accollarsi i rischi dell’uno e dell’altro filone. Gli scivoloni sono evitati facendo della maturazione di Greg non solo il canonico coming of age, ma anche la ricerca, meglio, la scoperta di un talento, quello di narratore cinematografico, con tutta la cornice metalinguistica che Gomez-Rejon sovrappone alla storia principale: le strizzatine d’occhio cinefile, con poster di Truffaut e magliette di Nosferatu; i remake dei film; le affinità emotive continuamente evocate tra Greg e l’Antoine de I quattrocento colpi, quanto alla difficoltà di crescere. Soprattutto, a cogliere nel segno è il sovrapporsi nel ragazzo tra blocco emotivo ed blocco creativo sulla realizzazione di un film dedicato a Rachel: l’esito è un geniale “diciotto e mezzo”, per parodiare anche noi un classico, ossia un venirne fuori sia di maturità che d’inventiva.

PESCI DENTRO L’ACQUA – In un film che sembrerebbe “tutto sceneggiatura”, sorretto, cioè, dall’accorta gestione dei toni del dialogo, sorprende anche lo straordinario lavoro alla macchina da presa. Su tutte, le sequenze delle difficili conversazioni figlio-genitore, inquadrate come fossero inseguimenti o con un ostacolo a segnalare il naturale scarto di comunicazione; ancora, certe riprese, soprattutto in campo e controcampo, in cui tutto il disagio di Greg è espresso decentrandolo nella finestra visiva e lasciandone vedere solo il collo, come se la chiacchierata fosse disturbante, l’interlocutore all’angolo ed il mondo dentro semi-nascosto nel guazzabuglio di un’identità in formazione.

Che questo mondo non abbia solidi pilastri, poi, è efficacemente fatto percepire con tutto un lavoro di spaesanti piani sequenza, inquadrature dall’alto, persino un’acrobatica vista ruotata: sembra di vedere la bolla adolescenziale come palla dei pesci. Crescere è un po’ come imparare a nuotare nella vita.

Vincitore sia del Premio del Pubblico che di quello della Giuria al Sundance Film Festival, Quel fantastico peggior anno della mia vita è cinema che pur non inventando, anzi, citando, sperimenta l’alchimia della narrazione, il piacere di raccontare storie, creando senso con i sentimenti e sensibilizzando alla creatività con piccole invenzioni.

GENERE: Drammatico
ANNO: 2015
REGIA: Alfonso Gomez-Rejon
ATTORI: Olivia Cooke, Thomas Mann, Jon Bernthal, Nick Offerman, Connie Britton, Molly Shannon, Matt Bennett, Bobb'e J. Thompson, Masam Holden
SCENEGGIATURA: Alfonso Gomez-Rejon
MONTAGGIO: David Trachtenberg
MUSICHE: Brian Eno
PRODUZIONE: Indian Paintbrush
DISTRIBUZIONE: 20th Century Fox
PAESE: USA
DURATA: 105 Min


Antonio Maiorino