Cronaca

Quando anche i processi di mafia sono a carico del contribuente

MILANO, 1 NOVEMBRE 2011 – Oltre il danno la beffa, come si suol dire. Ieri parlavamo del processo di 'ndrangheta aperto per capire le responsabilità e le vere motivazioni dell'omicidio di Lea Garofalo, la collaboratrice di giustizia scomparsa a Milano nel novembre 2009. Oggi si scopre che la difesa di Carlo Cosco (nella foto), compagno della Garofalo e affiliato alla 'ndrina di Petilia Policastro (nel crotonese), sarà pagata dal contribuente in quanto questi ha fatto richiesta di “patrocinio gratuito”.[MORE]

Cosa vuol dire? Vuol dire, semplicemente, che Cosco ha facoltà di scegliersi il legale che continuerà a difenderlo nel processo, che sarà sempre l'attuale avvocato, Daniele Sussman Steinberg, la cui parcella sarà pagata dalle casse dello Stato. Questo è possibile perché tale procedura si applica a tutti quei contribuenti il cui reddito non superi i 10,628,16 euro. E Carlo Cosco, che di professione farebbe il buttafuori dallo stipendio misero, a quella cifra, stante la documentazione presentata, proprio non ci arriva.
A ciò è poi da aggiungersi che la richiesta è resa possibile dal decadimento dell'aggravante mafiosa (legge 203/1991, articolo 7) e per questo il vero motivo dell'uccisione, e del successivo scioglimento del corpo con acido, di Lea Garofalo non sarebbero dovuti alle rivelazioni sui traffici illeciti di droga, ma ad una più misera “litigiosità coniugale”.

È comunque interessante notare una cosa: che si parli di Cosa Nostra, di 'ndrangheta o di camorra, solitamente le spese legali – e quelle legate al mantenimento delle famiglie dei detenuti – sono messe in conto alle famiglie. Tant'è vero, come ricorda il giudice per le indagini preliminari Giuseppe Gennari, che anche quelle relative a Massimo Sabatino – uno dei sequestratori – erano state messe in conto proprio ai Cosco.

Stando alle dichiarazioni della figlia Denise, non solo il padre le avrebbe promesso 200 mila euro in regalo, ma da uomo libero non era difficile vederlo a bordo di auto di grossa cilindrata che tutto farebbero pensare, tranne ad un nullatenente.
Alla Guardia di Finanza, ora, il compito di porre rimedio.

Andrea Intonti